Questa mattina è stata inaugurata “Agricoltura in città. Cento anni di orti urbani a Torino”, una mostra che illustra la storia e lo sviluppo dell’agricoltura urbana – con particolare riguardo all’orticoltura – nel capoluogo subalpino dall’inizio del ‘900 fino ai giorni nostri.
Da hobby della domenica o strumento di sopravvivenza, realizzato solitamente in modo spontaneo e abusivo negli spazi residuali delle periferie, a moda culturale e occasione di socialità; da stereotipo associato al tempo libero dei pensionati a luogo di creazione studiato da architetti e foodblogger: l’orto urbano è oggi al centro di un movimento che ha trovato nelle rete uno spazio di comunicazione e di scambio, esteso a tutto il mondo. E le Pubbliche amministrazioni incoraggiano il fenomeno moltiplicando gli spazi pubblici attrezzati allo scopo, negli storici spazi periferici come sui tetti del centro o delle vecchie fabbriche.
Nel contesto della crisi e nel pieno sviluppo di nuovi bisogni materiali e culturali, gli orti stanno diventando un fenomeno in veloce espansione. Dal piccolo campo coltivato di Michelle Obama alla Casa Bianca alle periferie anonime delle città europee, sono sempre più numerosi i casi riportati dai media. La rete offre migliaia di siti sul tema per offrire consigli, attrezzi e partecipare a community.
Torino da sempre è sensibile e da tempo ospita gli orti per bisogno o per socialità. Ha in materia una grande e sconosciuta tradizione che la mostra illustra con grande efficacia. In città ci sono ormai quasi mille orti realizzati dal Comune e gestiti dalle Circoscrizioni, che li assegnano ormai non soltanto a vecchi pensionati, ma anche a giovani, famiglie, persone disoccupate, associazioni e comunità. Grazie all’orto le persone ritrovano il piacere della condivisione e della socialità e realizzano un progetto.
“Questa mostra – ha affermato Enzo Lavolta, assessore alle Politiche per l’Ambiente della Città – conferma come l’agricoltura a Torino sia da sempre un gesto d’amore nei confronti della terra che qui ha radici profonde”. “L’orto – ha inoltre ricordato l’assessore – è il simbolo di un modello di sviluppo economico sociale che noi vogliamo sul nostro territorio caratterizzato dagli elementi di sostenibilità”.
In particolare l’esposizione si pone l’obiettivo di dare valore e conferire visibilità a una tradizione della città che ha sempre visto nei suoi ritagli interni di territorio, proliferare attività ricreative tipiche di una campagna urbanizzata. Ma anche ridare dignità a un’attività che è sempre stata vista con sospetto perché fonte di disordine e considerata marginale. Era invece una tradizione molto piemontese e degli immigrati, tipica della classe operaia anche evoluta, che cercava dopo la fabbrica un antidoto all’alienazione della catena di montaggio, uno spazio di creatività e fantasia propria, dalla coltivazione all’organizzazione dello spazio.
Oltre a ciò la mostra intende conseguire l’obiettivo concreto, in questo momento di rinnovato interesse per l’argomento, di fare il punto e riflettere su soluzioni strutturali per il futuro, offrendosi come occasione di dibattito, non soltanto locale: offrire l’opportunità alle amministrazioni in Italia e all’estero di attingere informazioni e migliorare il territorio, facendo di Torino un punto di riferimento.
Sono tre i periodi raccontati dall’esposizione.
“L’orto dei bisogni”. Dalla prima alla fine della seconda guerra mondiale, compresi gli anni di mezzo: povertà, necessità e fame tra bombe e macerie. L’orto è in questa fase fonte di approvvigionamento diretto di cibo.
“Gli orti spontanei: dal boom economico al 2015”. L’ immigrazione dalle campagne del sud porta a Torino operai che ricercano nell’attività dell’orto la loro identità e le loro radici. Tecnici industriali che cercano nell’ agricoltura la compensazione ad una fabbrica dura e rigida.
“Gli orti contemporanei”. La socialità e i rapporti tra cittadini prevalgono sulla cultura e sul bisogno. L’amministrazione interviene strutturalmente, distribuendo spazi e riqualificando aree che gli attuali coltivatori posso così gestire con vicini e amici e rinobilitando il territorio.
Si illustra dunque una vera e propria città “altra”, formatasi attorno agli insediamenti degli orti, fuori dagli schemi urbani e tradizionali, di dimensioni inaspettate: una vera rivelazione per chi si avvicina a questa mostra.
Nel mausoleo, inoltre, è stata allestita – a cura dell’associazione Giardino forbito – un’area scuole con laboratori su “Come è fatto un orto” e “Facciamo un mandala con l’orto”.
La mostra è stata curata dall’assessorato all’Innovazione e all’Ambiente e dai servizi Grandi Opere del Verde e Verde Gestione, in collaborazione con l’Associazione Culturale Giardino Forbito ed è stata realizzata con la collaborazione dell’archivio storico del prof. Giovanni Brino, che alla facoltà di Architettura del Politecnico di Torino ha raccolto dati, seguito tesi e si è interessato per trent’anni dell’argomento. È custode di un patrimonio di immagini e documenti eccezionale, che ricostruiscono con precisione e ricchezza di contenuti un secolo di orti urbani.
La mostra è visitabile con il seguente orario:
– fino a fine marzo: venerdì, sabato e domenica dalle ore 10 alle ore 12 e dalle 14.30 alle 17;
– dal 1° al 15 aprile: dal mercoledì alla domenica dalle ore 10 alle ore 12 e dalle 15.30 alle 19.30.
L’esposizione, che ha carattere itinerante, sarà successivamente visitabile in altre località cittadine. Il secondo appuntamento in programma sarà in piazza Carlo Alberto dal 17 al 26 aprile prossimi.