di Davide Tonti in collaborazione con la redazione di Torinoclick
Giacinto Facchetti per chi è tifoso dell’Inter e per chi ama il calcio in generale, rappresenta l’immagine della correttezza e del legame alla propria maglia, fosse quella dell’Inter o della Nazionale Italiana.
Facchetti è stato uno dei pilastri della grande Inter, allenata da Helenio Herrera e governata dal Presidente Angelo Moratti. Conquistò per due volte la Coppa dei Campioni nel 1964 e nel 1965. Vinse quattro campionati e si aggiudicò due Coppe Intercontinentali e una Coppa Italia.
Con la Nazionale Italiana, di cui fu capitano in 94 partite, è stato campione europeo nel 1968 e vice-campione mondiale nel 1970.
Nel ’65 fu a un passo dal Pallone d’oro che sfumò per un soffio arrivando secondo dietro al mitico Eusébio.
Facchetti fu un giocatore moderno che rivoluzionò il ruolo del terzino, riconosciuto primo interprete completo del ruolo di terzino d’attacco. Nel 1965-1966 fu il primo difensore a segnare 10 reti nel campionato italiano.
Con l’Inter dal ’60 al ’78, il terzino collezionò 634 presenze e 75 reti. Fu uomo e giocatore estremamente corretto, tanto che nella sua lunga carriera da calciatore fu espulso una sola volta e per proteste, simbolo di attaccamento alla maglia, lealtà e correttezza, icona di un calcio che forse non esiste più.
Dal 21 al 24 maggio 2015, il Museo dello Sport di Torino renderà omaggio al grande terzino dell’Inter scomparso nel 2006 con la mostra temporanea “Io Sono Giacinto”.
Un allestimento dedicata all’uomo, al campione, al personaggio tra i più rappresentativi del calcio italiano degli anni ’60.
Domani, giovedì 21 maggio alle 10.30, la figura di Facchetti sarà ricordata in un incontro in cui interverranno accanto a Aldo Altobelli (Presidente Inter Club Torino) ed Onorato Arisi (Presidente del Museo dello Sport), il giornalista Darwin Pastorin per delineare il Facchetti sportivo – figlio del calciatore GianFelice Facchetti – e per svelare il Facchetti uomo e padre.