di Raffaela Gentile
Attraverso il Progetto Libero in quindici anni la Compagnia San Paolo ha investito oltre 13 milioni di euro per formare e ridare dignità ai detenuti e alle detenute, mentre l’Ufficio Pio ha assegnato al Progetto Logos, rivolto ai detenuti in uscita dal carcere, oltre 2 milioni di euro
Questi, in estrema sintesi, i dati che sono stati illustrati al convegno nazionale “Guardiamoci dentro”, una riflessione sul carcere in Italia.
Da una ricerca condotta dall’Università di Torino e dall’Osservatorio nazionale sulle condizioni detentive in Italia dell’Associazione Antigone è emerso che la percentuale di recidiva media fra coloro che hanno seguito per intero il Progetto Logos, nei 7 anni presi in esame (2007-2014), è del 23,20%; ben 15 punti in meno del miglior dato nazionale a oggi disponibile (fruitori di indulto), ma soprattutto 45 punti inferiore alla recidiva ordinaria rilevata dall’Amministrazione penitenziaria (68,45%).
“Siamo convinti – ha detto il Presidente della Compagnia di San Paolo, Luca Remmert – che offrire ai detenuti e alle detenute adeguate opportunità per riabilitarsi, per acquistare o riacquistare dignità e onore, pur nella severità necessaria e imprescindibile della pena, contribuisca in modo concreto e duraturo alla sicurezza sociale e di conseguenza al beneficio di tutta la comunità”
Nel ringraziare la Compagnia di San Paolo e l’Ufficio Pio per le tante collaborazioni che pone in essere proprio sul tema del lavoro all’interno del carcere e dei tanti progetti attivati, l’Assesora Elide Tisi ha sottolineato che: “nonostante le molte difficoltà, non solo economiche che attraversano in questi anni la nostra società e la nostra città, credo sia evidente lo sforzo che si sta facendo proprio per mantenere un livello alto della qualità, non soltanto dei servizi, ma anche della sensibilità alle tematiche che riguardano le persone che affrontano una fase così delicata e difficile della loro vita. Il periodo della detenzione deve essere anche uno spazio tempo attraverso il quale venga offerta l’opportunità di riprogettare il futuro dei detenuti”. “Vorrei ricordare – ha aggiunto l’Assessora – che Torino è stata tra le prime città in Italia a istituire la figura del Garante delle persone private della libertà e che oggi anche la Regione Piemonte si è organizzata per individuare questa figura. Sono convinta che il loro ruolo sia prezioso perché è di stimolo non soltanto per le istituzioni di garanzia, ma anche per la società civile. Il carcere torinese ha rappresentato e continua a rappresentare un modello dal punto di vista del lavoro all’interno delle casa circondariale. Molte sono le cooperative sociali che operano all’interno del carcere di Torino; la loro presenza è una peculiarità, ma è anche d’esempio per la modalità con cui vengono considerati i detenuti: valutare chi sta all’interno del carcere per le sue potenzialità che ha e non per i limiti che rappresenta. Penso, ad esempio, ai progetti dell’Università, all’opportunità di studio, ai percorsi alternativi di tirocinio in cui anche l’Amministrazione comunale si è resa disponibile ad accogliere. Sono queste tutte azioni che contribuiscono a cambiare la cultura e il modo con cui noi guardiamo alle persone private della loro libertà e al mondo del carcere. La presenza in sala questa mattina di tante persone è un motivo di speranza perché significa che, nonostante le fatiche e le difficoltà che ognuno di noi ha nei propri enti, nelle proprie istituzione, s’intende camminare nella stessa direzione, alfine di migliorare le condizioni dei detenuti fuori e dentro il carcere”.