di Piera Villata e Gianni Ferrero
Mazzetti di mimose inebrianti e commozione in Sala Rossa. A tre giorni dai settant’anni esatti del riconoscimento parlamentare del diritto di voto alle donne, la Sala del Consiglio Comunale ha rievocato, per volontà di diverse amministratrici in carica e delle consigliere emerite la genesi del suffragio universale femminile. Il ricordo delle prime consigliere in municipio, tutte esponenti della Resistenza, elette il 10 novembre 1946 e poi le pagine di quel periodo, con le contraddizioni e le discriminazioni, le derisioni negli anni drammatici della dittatura hanno contrappuntato le due ore piene della cerimonia, in diversi momenti emozionante. Sul filo della storia si sono alternati il presidente del Consiglio comunale Giovanni Porcino e il responsabile dell’Associazione Consiglieri emeriti Giancarlo Quagliotti, Maria Grazia Sestero e Laura Onofri, oltre alle consigliere di tutti gli schieramenti che hanno letto a turno frammenti di dichiarazioni di quel passato, facendo rivivere trepidazioni, dolore, aspirazioni negate e raggiunte.
“Oggi celebriamo una conquista democratica di libertà, il voto femminile, che coincise con l’adozione, 70 anni fa, della Costituzione, nata dalla Resistenza. Giovedì 10 marzo ricorrono i settant’anni dalla legge che riconobbe alle donne la possibilità di essere elette. La loro partecipazione alla lotta di Liberazione portò alla conquista del diritto al voto. Fu una conquista non priva di dolore, sofferenza, paura. Nonostante ciò il diritto del suffragio universale nacque come ‘concessione’: il voto alle donne non fu scontato, per il persistere dei pregiudizi e arretratezze culturali. Significativo è che in una prima versione del testo costituzionale si prevedesse il diritto al voto, ma non il diritto di essere elette”.
Nel corso dei decenni la società italiana ha incorporato valori di uguaglianza e di pari opportunità: “In questi 70 anni molta strada è stata percorsa, hanno trasformato l’assetto istituzionale e quello della società italiana, affermando e facendo vivere valori di uguaglianza e di pari opportunità. Un cammino nel segno del progresso e dello sviluppo sociale. Lo sviluppo economico ha aperto alle donne il mercato del lavoro. Lo sviluppo del welfare ha garantito servizi essenziali per l’autonomia della donna. La crescita culturale e formativa ha affermato diritti e soggettività femminili. Ma nonostante le riforme istituzionali e leggi importanti come la riforma del diritto di famiglia del 1975, la legge sul divorzio e sull’aborto, le nuove norme sull’infanzia e la legge sulle convivenze di fatto approvata da un ramo del Parlamento, appena qualche giorno fa, nella società italiana si manifestano ancora non poche difficoltà a riconoscere appieno la parità di genere.”.
Una donna eletta al vertice di una grande impresa fa notizia, richiama i titoli di giornale, ha detto il sindaco: ” E si contano sulle dita di una mano tra le 108 università italiane i rettorati presieduti da una donna. Nè ci sono giornali quotidiani nel nostro Paese a conduzione femminile. Un solo capoluogo di regione è guidato da una donna. Negli ospedali le primarie sono rare, così come pochissime sono le donne ai vertici della magistratura”.
Nonostante il senso comune, rimangono segni evidenti di incompiutezza anche nel linguaggio: ” Proprio domani mattina sarà presentata nell’aula magna dell’Università la Carta di Intenti “Io parlo e non discrimino”. Si tratta di una iniziativa elaborata da un gruppo di lavoro a cui partecipano la Città di Torino, la Città Metropolitana, la Regione Piemonte, il Consiglio Regionale del Piemonte, l’Università di Torino, il Politecnico di Torino, la RAI e l’Associazione GIULIA, le GIornaliste Unite LIbere Autonome. Insomma: il modo migliore e utile per celebrare 70 anni di voto alle donne è continuare a battersi per un pieno riconoscimento dei loro diritti e delle loro dignità. Nel farlo rendiamo onore a tutte le donne che nel corso del tempo si sono battute per i loro diritti”.
Occorre incidere sul processo culturale ha detto il sindaco, facendo appello alla memoria storica : “ Voglio qui evocare – una tra tutte – la figura di una cittadina francese, Olympe de Gouges che, nel 1789, scrisse la “Declaration des droits des femmes et de la citoyenne” in cui oltre a chiedere diritto di voto, di divorzio e di accesso al lavoro, denunciava la permanenza di un maschilismo ancora assai forte. Ebbene quella donna coraggiosa venne mandata alla ghigliottina con l’imputazione di aver “voluto essere uomo di Stato dimenticando le virtù che convengono al suo sesso”. E, ancor prima di lei, Ipazia di Alessandria, un’altra donna rea di aver avuto l’ardire di sfidare un potere ancora tutto maschile e per questo meritevole di morire. E con loro ricordiamo il movimento delle Suffragette che lungo tutto il ‘900 hanno animato il movimento per i diritti politici alle donne. Ricordiamo l’impegno delle Premio Nobel per la pace Rigoberta Menchù, di Malala Yousafzai, di Aung San Suu Kyi, delle ragazze iraniane in prima fila per affermare i diritti civili e delle donne yazide perseguitate e oppresse dal fondamentalismo”.
In Italia le donne votarono per la prima volta nel corso delle elezioni amministrative del marzo e aprile 1946 e, successivamente, il 2 giugno 1946 per il referendum monarchia repubblica.
Celebrare il percorso di acquisizione democratica nel nostro Paese è rendere omaggio alle donne che hanno percorso una strada faticosa: “ E in questa giornata di celebrazione il nostro pensiero va al sacrificio delle tantissime donne vittime di violenza, e a quelle che hanno perso la vita, per il cui dramma è stata coniata una parola specifica: “femminicidio”. E tutto questo sollecita la responsabilità di ciascuno di noi a battersi contro ogni discriminazione e negazione di ruolo e diritti. Non ci sarà società giusta e libera finché uomini e donne non avranno gli stessi diritti e non li potranno esercitare senza paura e nella libertà” ha concluso Fassino.