Si tratta di una storia iniziata molti anni fa quando una ragazza straniera, arrivata in Italia con il ricongiungimento familiare, ha iniziato a essere vittima di maltrattamenti da parte del marito che, fin dai primi giorni del matrimonio, ha iniziato a picchiarla brutalmente.
Dalla loro unione era nata una bambina che l’uomo utilizzava come strumento di ricatto nel caso in cui la donna avesse detto qualcosa alle forze dell’ordine: “se dici qualcosa alla Polizia ti porto via tua figlia e non la vedi più”.
La donna, che parlava poco l’italiano, impaurita dalle affermazioni del marito, non aveva mai denunciato i maltrattamenti fino a quando, all’inizio di quest’anno, dopo aver ricevuto minacce di morte, si è decisa a sporgere denuncia e, nel febbraio scorso, è stata collocata insieme alla figlia in una casa protetta.
Al marito della donna, un uomo di nazionalità egiziana, è stato tuttavia permesso di vedere la figlia durante incontri protetti, alla presenza dei servizi sociali. Come un normalissimo padre di famiglia, l’uomo portava spesso dei regali alla piccola e, durante uno di questi incontri, le ha donato un giocattolo, una coloratissima ‘Fattoria parlante’ che, dopo circa due mesi, ha smesso di funzionare.
Proprio durante il tentativo di smontare il gioco per cambiare la batteria la donna, insieme a un’operatrice della casa protetta, ha scoperto che all’interno del giocattolo c’era un auricolare Bluetooth fissato con del nastro adesivo, uno di quelli che, mediante l’utilizzo di alcune applicazioni, consentono di rintracciare la posizione tramite il proprio smartphone.
La responsabile della casa protetta ha immediatamente contattato il Reparto di Polizia di Prossimità della Polizia Municipale di Torino che ha provveduto a sequestrare il giocattolo e l’auricolare Bluetooth.
Dalle testimonianze raccolte è poi emerso che l’uomo non era nuovo all’utilizzo delle tecnologie per spiare altre persone. In un passato non troppo lontano aveva già utilizzato altri apparecchi elettronici per scopi lesivi.
Secondo il Comandante Emiliano Bezzon: “questa vicenda ci fa scoprire un lato ancor più sconvolgente di queste persone dedite alle minacce e alla violenza familiare, il fatto di essere subdole e di ricorrere a metodi sofisticati, difficili da scoprire. Questo ci deve fare pensare che quando si è vittime di episodi di questo tipo non si può aspettare sperando che le cose si sistemino da sole. Bisogna fidarsi e affidarsi alle Istituzioni, a persone specializzate nell’ascolto e che sappiano gestire questo genere di situazioni, come gli uomini e le donne del nucleo di Prossimità della Polizia Municipale. Da soli non se ne esce”.