Questo classico unitamente al “Moby Dick” di Herman Melville, ha fondato la moderna tradizione narrativa americana e non può essere definito soltanto un romanzo, cioè una narrazione di taglio realistico, nella forma classica assunta da questo genere nell’Ottocento europeo.
Nella “Lettera” c’è la presenza diretta del narratore, vero demiurgo, che non solo governa la propria “finzione”, ma in essa, nelle epifanie della sua parabola narrativa, si identifica e vi sigilla il proprio destino di artista.
La testimonianza autobiografica che introduce il romanzo “La Dogana” si rivela ora alla luce dello sviluppo dellla trama narrativa come parte integrante della storia, non solo come notizia e commento della sua genesi: per mille fili, per variegate forme di affinità elettive fra l’autore e la propria creatura d’ombra, essa ha narrato in particolare anche la scelta duplice, ma tanto costitutivamente americana, del narratore, cioè la rottura e la fedeltà nei confronti del passato.
Il racconto nasce quando Hawthorne trova trascritta in un “piccolo rotolo di carta polverosa” la cronaca esemplare di un processo a una adultera, ai tempi della caccia alle streghe. L’incartamento era avvolto in un brandello di stoffa rossa “logoro e sbiadito, con qua e là “tracce di un ricamo dorato” che, ad un attento esame, assume la forma di una lettera A maiuscola.
La caratteristica della “Lettera Scarlatta” e la sua partitura drammatica e teatrale e i tre grandi blocchi narrativi che costituiscono il romanzo, questi tre “atti” del dramma, convergono tutti su un unico palcoscenico, la foresta e il palco della piazza.
L’autore sembra osservare i suoi personaggi alla luce di una “pietas” sobriamente distante, ma non meno netta nel sottolineare, a questo modo, quanto della terribile e angusta moralità puritana andasse corretto e smentito.
La “Lettera Scarlatta” parla della modernità americana, negli anni in cui essa si afferma anche attraverso le lacerazioni, il trauma sanguinante della guerra di secessione; ne parla attraverso il romanzesco di una storia, attraverso i labirinti della passione e della colpa, attraverso la solitudine di una vocazione d’artista orgogliosamente rivendicata, nei modi che sono propri di una forma narrativa che ha esplorato inedite e divergenti strade rispetto al realismo ottocentesco europeo.
Antonella Gilpi