Nell’estate del 1995 Camilleri trovò, tra vecchie carte di casa, un decreto ministeriale per la concessione di una linea telefonica privata.
Il documento presuppone una così fitta rete di più o meno deliranti adempimenti burocratico-amministrativi da fargli venir subito voglia di scriverci sopra una storia di fantasia.
La concessione risale al 1892, cioè a una quindicina di anni dopo i fatti che Camilleri ha raccontato nel “Birraio di Preston” e perciò qualcuno potrebbe domandargli perché si ostina a “pistare e ripistare sempre nello stesso mortaio”, tirando in ballo, quasi in fotocopia, i soliti prefetti, i soliti questori, ecc.
La risposta l’autore l’ha lasciata citando l’apertura del libro “I vecchi e i giovani” di Luigi Pirandello.
Nel testo sia il primo governo della Destra Parlamentare in Sicilia che poi la Sinistra venuta al potere avevano le stesse caratteristiche di “usurpazioni e truffe e concussioni e favori scandalosi e scandaloso sperpero di denaro pubblico: prefetti, delegati, magistrati messi di servizio dei deputati ministeriali, e clientele spudorate e brogli elettorali; spese pazze, cortigianerie degradanti; l’oppressione dei vinti e dei lavoratori, assistita e protetta dalla legge, e assicurata l’impunità agli oppressori”.
Nel limiti del possibile, essendo “La concessione del telefono” una storia esattamente datata, Camilleri ha fedelmente citato ministri, alti funzionari dello Stato e rivoluzionari col loro vero nome e anche gli avvenimenti di cui furono protagonisti sono autentici.
Tutti gli altri nomi e gli altri fatti sono invece inventati di sana pianta.
di Antonella Gilpi