Da oltre vent’anni Nino Di Matteo è in prima linea nella lotta a Cosa Nostra. Titolare di un’inchiesta che fa paura a tanti – quella sulla trattativa Stato-mafia, che si sviluppa nel solco del lavoro di Chinnici, Falcone e Borsellino – è lui il magistrato più a rischio nel nostro Paese. Le indagini che ha diretto e continua a dirigere, ritenute scomode persino da alcuni uomini delle istituzioni, lo hanno reso il bersaglio numero uno dei boss più influenti: Totò Riina e Matteo Messina Denaro.
Le parole del pm, raccolte dal giornalista Salvo Palazzolo, offrono una testimonianza diretta e autorevole sulle strade più efficaci per contrastare lo strapotere dei clan. E lanciano un grido d’allarme: Cosa Nostra non è sconfitta, ha solo cambiato faccia. E’ passata dal tritolo alla frequentazione dei salotti buoni, facendosi più insidiosa che mai, anche se le bombe tacciono, il dialogo continua: tra politica, lobby, imprenditoria e logge massoniche si moltiplicano i luoghi in cui lo Stato è assente.
Così, tra denunce e proposte, questo libro permette di gettare uno sguardo ai meccanismi con cui Cosa Nostra si è insinuata nelle logiche economiche, sociali e politiche del nostro Paese.
Totò Riina, il capo di Cosa Nostra, sfoggia un odio particolare per il pubblico ministero Nino Di Matteo.
Con il suo compagno d’ora d’aria, il boss pugliese Alberto Lorusso, rievoca la stagione delle bombe del 1992, che portarono a Palermo i militari dell’operazione “Vespri Siciliani”.
Era la risposta dello Stato all’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, trucidati con i poliziotti delle scorte.
Riina poi si vanta della morte di Giovanni Falcone: “Gli ho fatto fare la fine del tonno” (20 agosto 2013). La stessa fine che invoca per Di Matteo: “Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono”. (26 ottobre 2013).
Dopo le intercettazioni di Riina in carcere sono state varate misure straordinarie di protezione per la sicurezza di Di Matteo e del palazzo di Giustizia. Ci fosse stata tanta attenzione nel 1992, forse oggi Falcone e Borsellino sarebbero ancora vivi. Invece, gli agenti di scorta di Falcone erano costretti addirittura a fare ore di anticamera in Questura, per ottenere anche un solo giubbotto antiproiettile. E davanti al condominio della madre di Borsellino non fu mai istituita una zona di rimozione forzata.
Tira una brutta aria a Palermo e Nino Di Matteo appare a Palazzolo comunque un uomo solo. Le ultime rivelazioni sul piano di morte contro Di Matteo riaprono scenari misteriosi, che sembrano essere relegati al passato. Il pentito Galatolo ha spiegato come l’ordine sarebbe arrivato proprio da Messina Denaro, ma ha lasciato intendere che l’iniziale suggerimento provenisse dall’esternodi Cosa Nostra, non è ancora chiaro da chi e per quali specifici interessi.
“Io resto al mio posto – dice Nino Di Matteo – non mi rassegno a questo stato di cose, soffro tremendamente le limitazioni alla mia libertà, nel tempo diventa sempre più pesante, ma ho anche tanti buoni motivi per reagire allo scoramento e alla stanchezza mentale”.
“Io non so cosa accadrà – prosegue il pm – ho soltanto una speranza: che conserviate la passione civile. Che non vi adeguiate mai all’andazzo prevalente in questo paese sempre più indifferente alla verità, all’indipendenza della magistratura, alla tutela vera dei valori costituzionali”.
Questa speranza è il sogno del magistrato perchè è convinto che solo i cittadini possono cambiare sul serio la società, sconfiggendo finalmente la mafia, la corruzione, la mentalità dell’appartenenza e dell’ossequio al potere. “Comunque vada – conclude Di Matteo – avremo combattuto per rendere più libero il nostro Paese. E sarà stata una giusta battaglia.
L’unica battaglia in grado di onorare i nostri morti e liberare la nostra terra, per portare a termine – tutti insieme e ciascuno nel proprio ruolo – quella rivoluzione culturale che spargerà nel nostro Paese il fresco profumo della libertà”.
di Antonella Gilpi