di Gianni Ferrero
È un buon capitale sociale quello reso disponibile dai dipendenti di Palazzo Civico e che emerge dai primi risultati dello studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Torino e LabNET della Scuola di Amministrazione Aziendale, coordinati dal professor Marcello Bogetti. L’indagine, realizzata con una metodologia innovativa di Network Analysis, svolta l’anno scorso analizzando i flussi di relazione tra colleghi all’interno delle strutture comunali, dà atto della presenza di dipendenti che assumono ruoli di diffusione di conoscenze e di idee innovative, riconosciuti dai compagni di ufficio per disponibilità e buona capacità di inquadrare i problemi.
E’ una organizzazione, quella all’interno della Amministrazione Comunale, che si basa sulla presenza di reti che ne supportano e alimentano il funzionamento quotidiano. Lo studio ha mappato le relazioni di circa 2800 dipendenti, portando alla luce le cosiddette risorse invisibili, che agiscono alla scrivania, a scuola, in uno studio tecnico con atteggiamenti improntati a flessibilità e adattamento, confermando una consistente e diffusa motivazione nei confronti del lavoro: “Si tratta di un’osservazione e una mappatura quanto mai utile al fine di avviare un processo di cambiamento per contagio, basato su logiche di diffusione di nuovi comportamenti organizzativi attraverso processi sociali e virali, basati sull’influenza tra pari – sottolineano le prime anticipazioni della ricerca -. Ed emerge forte la presenza diffusa di colleghi che assumendo il ruolo di diffusori di idee, si collocano in maniera rilevante al centro di flussi di circolazione di un pensiero innovativo e sono riconosciuti, anche se informalmente, per la capacità di inquadrare i problemi con realismo e risolverli”. La considerazione sociale, di cui godono, se non vera e propria leadership, è funzionale al cambiamento: “Rendendo così condiviso un capitale relazionale su cui contare”, annotano gli studiosi.
Indipendentemente dalla appartenenza organizzativa, le relazioni tendono spontaneamente anche a dare vita a un certo numero di gruppi omogenei, trentasei ne sono stati contati, composti da dipendenti e funzionari che svolgono tipiche attività di supporto in cluster diversi dai servizi “formali” di appartenenza: “Questo aspetto rileva l’esistenza di un modello organizzativo spontaneo che ricostruisce una rete di supporto specialistico e inter-funzionale sulla base essenzialmente dell’apertura di alcune persone che fanno da punti di riferimento, dando vita a funzioni di staff di fatto. La disponibilità assume in particolare un rilievo molto significativo, è un comportamenti apprezzato e che concorre fortemente al fare assumere alle persone ruoli centrali nelle reti e ad aumentare la reputazione di cui esse godono”.
Rispetto al capitale sociale si rileva inoltre una buona corrispondenza fra i 500 dipendenti coinvolti nella prima tornata formativa del percorso “Formare per innovare”, prevalentemente Posizioni Organizzative e Dirigenti e la loro collocazione come punti di riferimento: “Questi ultimi costituiscono dei bacini naturali di relazione in cui essi sono riconosciuti dai colleghi e godono quindi di una reputazione significativa, fattore determinante che è stato preso in considerazione per progettare la seconda parte della formazione, rivolta all’innovazione organizzativa. Il presupposto è stato che attraverso l’identificazione e il coinvolgimento di ruoli chiave sia possibile favorire, in prima battuta, un’intensificazione delle relazioni e soprattutto la creazione, il trasferimento e la diffusione di nuove pratiche di lavoro e di processi innovativi per contagio e il miglioramento nelle performance”.
A seguito dei risultati della ricerca, per il 2019 la logica di fondo del progetto formativo della Città pone la necessità di muoversi sempre più dalle strutture ai processi, dalle forme organizzative ai sistemi di relazione, dalle componenti formali a quelli informali. Il problema organizzativo diventa essenzialmente come sviluppare le capacità di leggere ed interpretare il flusso dell’esperienza per attivare costantemente nuovi schemi cognitivi e nuovi sistemi di pensiero e relazioni.