di Mauro Marras e Michele Chicco
Mariana Escobar guida il “dipartimento di prosperità sociale” del governo colombiano e ha partecipato alle trattative tra Governo e Farc per la fine della guerra civile e la riconversione delle piantagioni di coca in coltivazioni di frutta e verdura. Claudia Ranaboldo, ricercatrice cilena, partecipa al programma Rimisp che mette in cattedra i contadini a insegnare le loro tradizioni per valorizzarle e farle rinascere. Sono solo due delle tante persone che oggi a Torino si confrontano per dare forza a un modello di sviluppo sostenibile basato sulle realtà locali. Se è vero che “piccolo è bello”, come ha ricordato ieri papa Francesco nel suo saluto ai delegati, è anche vero che per difendersi e farsi ascoltare tutte le piccole realtà devono trovare un terreno comune per costruire un paradigma economico diverso, più sostenibile e solidale e contrastare gli abusi della globalizzazione. La riunione plenaria ha visto l’intervento del sindaco Piero Fassino. “Senza la pace e il riconoscimento dei diritti non c’è sviluppo locale”, ha detto il sindaco. “Il tema della pace è la condizione per poter innestare qualsiasi politica di sviluppo e crescita perché la globalizzazione deve essere anche quella dei diritti, della democrazia e delle opportunità. È difficile pensare di costruire strategie di sviluppo locale dove non c’è pace, dove c’è oppressione, dove non vengono rispettate le persone e i loro diritti”.
Alla sessione plenaria sul tema ‘Sviluppo economico locale, un approccio efficace per ridurre le diseguaglianze? hanno partecipato anche il ministro delle Autonomie della Bolivia, Hugo Siles, il ministro del governo locale della Palestina Hussein Al-Araj e il fondatore di Slow Food Carlo Petrini. Petrini ha ricordato che “nei fatti l’economia locale conterà se sarà un’economia comunitaria, dove produttori e cittadini sono parte della stessa comunità; se si ricostruirà il valore della biodiversità distrutta dalla produzione intensiva. L’economia locale non ha senso se non cambia la politica dei governi, non è la ruota di scorta delle multinazionali del cibo: se non si parla con i contadini non si va da nessuna parte”.
Il sindaco è poi intervenuto all’incontro dell’Associazione internazionale delle Città del Bio: “Torino sarà la prima città italiana a inserire nel proprio Statuto il valore del Bio e la dichiarazione di Milano, che firmeremo domani, segnerà un salto di qualità per lo sviluppo sostenibile e accrescerà la responsabilità delle singole realtà cittadine su questo importante tema”, ha detto Fassino.
La rete internazionale delle Città del Bio include realtà francesi, tedesche e polacche e circa 200 Comuni italiani, dei quali Torino è tra i più attivi. Sul fronte locale, Città del Bio mira a creare un ponte fra produttori agricoli e negozi, promuovendo la nascita di centri per l’acquisto. Uno fra gli obiettivi è restituire centralità all’agricoltura, quella biologica e contadina, in modo da garantire una produzione di qualità ma anche la conservazione del territorio.
Il sindaco e l’assessore Enzo Lavolta hanno partecipato anche alla presentazione del progetto Planet, che sostiene la costruzione di Croatà, una smart city costruita da zero in Brasile a 50 km da Fortaleza, alla cui realizzazione partecipano una trentina di tecnici italiani, che lavorano per imprese torinesi. 300 ettari di città per 25mila persone. Una città ecosostenibile anche sul piano dei costi, pensata per case a reddito medio-basso, ma dotate di tutte le soluzioni di efficientamento energetico.