di Mariella Continisio
Mettere in luce le diverse identità che si celano dietro questo acronimo e le differenti criticità da cui origina è stato l’obiettivo del seminario “Neet: identità e differenze” promosso dall’Assessorato alle Politiche educative della Città di Torino, guidato da Mariagrazia Pellerino, che si è svolto questa mattina al Circolo dei Lettori in via Bogino 9.
Neet, acronimo inglese di “Not in education, employment or training“, é l’indicatore con cui si identifica la fetta di popolazione di età compresa tra 15 e 29 anni che non è né occupata, né inserita in un percorso di istruzione o di formazione.
“Nell’ambito del Piano Adolescenti della Città di Torino – ha sottolineato Pellerino – vorremmo attivare politiche educative e formative per contrastare il fenomeno dei neet. Per questa ragione partiamo con un seminario di approfondimento che dia elementi utili per progettare azioni efficaci. L’Italia ha la più bassa popolazione europea di under 30 e uno dei più alti tassi di Neet: per questo è urgente intervenire con politiche formative adeguate alle domande delle ragazze e dei ragazzi e coerenti con le necessità di innovazione che ha il nostro sistema imprenditoriale”.
Secondo l’Istat in Piemonte nel 2015 i Neet in età compresa fra i 15 e i 34 anni sono 185mila, poco meno di un quinto dei giovani della stessa età: la percentuale più alta fra le regioni industrializzate del centro Nord.
Nella provincia di Torino i Neet tra i 15 e i 19 anni sono il 9,9% (12,1 maschi e 7,5 femmine), il 31,4 % (39,4 maschi e 22,7 femmine) tra i 20 e 24 anni, dai 25 ai 29 anni sono il 31,3%.
Facendo un confronto tra i giovani italiani e stranieri sempre nella provincia di Torino è emerso che sono Neet il 24,7% di maschi italiani, 32,6% quelli stranieri, il 19,8% di femmine italiane e il 43,3 di quelle straniere (i dati sono stati illustrati da Luciano Abburrà).
La situazione non migliora a livello europeo: secondo il rapporto OCSE 2015 l’Italia figura tra le nazioni con la più alta percentuale (35 per cento) di Neet tra i ragazzi di età compresa tra i 20 e i 24 anni.
Sono stati approfonditi più aspetti.
Intanto si è tentato di individuare chi sono davvero i Neet con gli interventi di Luciano Abburrà, Ires Piemonte; Gianfranco De Simone, Fondazione Agnelli; Alberto Stanchi, Osservatorio regionale per l’Università e per il Diritto allo studio universitario.
Gli interventi successivi di Laura Arossa, dirigente istituto Calamandrei; Tommaso De Luca, dirigente istituto Avogadro e presidente Asapi; Giorgio Rosso, Fondazione Casa della Carità Arti e Mestieri, hanno sondato la coerenza tra orientamento scolastico, offerta formativa e domanda dei ragazzi.
Il confronto tra percorsi formativi e domanda di lavoro espressa dal territorio è stato illustrato da Marta Fana, dottoranda in Economia all’Istituto di studi politici SciencesPo di Parigi; Roberto Monaco, ricercatore al Dipartimento Culture, Politica, Società all’Università di Torino e Franco Chiaramonte, Agenzia Piemonte Lavoro.
Barbara Graffino, associazione Y4To e Nicola Crepax, Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, hanno raccontato quali possono essere le azioni di contrasto al fenomeno. In particolare Crepax ha precisato che: “per contrastare il fenomeno dei neet si possono immaginare interventi rivolti a fornire una nuova chance ai ragazzi che ormai hanno gettato la spugna mediante attività formative connesse con esperienze di lavoro oppure si possono pensare ad azioni riparative pensate per riconnettere la preparazione di ragazze e ragazzi appena usciti dalla scuola con il mondo del lavoro contemporaneo”. Gli interventi più opportuni sono preventivi cominciando dalle scuole primarie e proseguendo fino a quelle secondarie.
Graffino ha espresso la necessità di lavorare sulla motivazione e sul rapporto dei giovani con il futuro, iniziando dalle scuole primarie e valorizzando le attitudini e i talenti. Facilitare l’autoimprenditorialità e la creazione d’impresa può essere un altro passo per contrastare un fenomeno così radicato.