di Simone Tarditi, studente Dams, in collaborazione con la redazione di Torino Click
Un quarto d’ora prima dell’inizio dello spettacolo, la biglietteria dell’Auditorium RAI era ancora gremita di persone che volevano assistere a un evento unico e irripetibile di questa edizione del Torino Jazz Festival. In coda qualcuno chiede “Quanto durerà il concerto?” e in biglietteria gli viene risposto “Dovrebbe durare un’ora e mezza, ma è jazz, non si può mai dire”.
Esatto, non si può mai dire. Chi avrebbe mai pensato di assistere un giorno alla perfetta fusione delle parole di Julio Cortázar e della musica di Charlie Parker, dio dell’Olimpo del Jazz? Il pubblico del Torino Jazz Festival ha avuto questa fortuna.
Le note del sax di Francesco Cafiso, wonderboy ventiseienne, accompagnato da Adam Pache (batteria), Pietro Ciancaglini (contrabbasso) e Mauro Schiavone (pianoforte), si sono mescolate e alternate con la voce di Vinicio Marchioni, attore diretto da registi del calibro di Woody Allen in To Rome With Love (2012) o Paul Haggis in Third Person (2013).
A metà strada tra jazz e teatro, l’esperimento di portare Il Persecutore, un racconto breve di Julio Cortázar, sul palco dell’Auditorium RAI è stato un successo. Le parole dello scrittore di origini argentine hanno riportato il pubblico torinese indietro di più di mezzo secolo, dietro le tracce lasciate dal suo Johnny Carter, dietro cui si cela la gigantesca figura del sassofonista Charlie Parker.
Il Persecutore (1959) è un’allucinata biografia del musicista jazz che, più di chiunque altro, ha stabilito gli standard del genere musicale dagli anni ’40 in avanti, costruita a partire da spunti biografici reali (il talento indiscusso, le dipendenze dall’eroina, i problemi economici, la morte della figlia, le incredibili sessioni di registrazione negli studio) e da quel sostrato di miti e realtà che già alla fine degli anni ’50 contribuiscono a rendere leggendaria la figura di Charlie Parker.
Lo spettacolo in scena all’Auditorium si è prefissato esattamente un intento analogo a quello di Cortázar: omaggiare un jazzman così importante per tutta la storia di questo genere musicale. La maggiore particolarità di Charlie Parker, avanti coi tempi e in costante corsa (in tutti i sensi) con il tempo, è stata quella di permettersi delle inaudite improvvisazioni all’interno di quelli che erano gli standard dell’epoca in cui ha vissuto, così -in maniera analoga- la performance teatral-jazzistica de Il Persecutore è stato un’ottima occasione per permettere a Cafiso e alla sua band di reinventare la musica di Charlie Parker, pur rimanendo sempre fedeli alla natura dei suoi brani. Un brano come Bird of Paradise, uno dei più celebri del sassofonista, è diventato ancora più ricco di sfumature melodiche, allo stesso tempo slegato e vicino all’originale, diverso, eppure simile.
Marchioni, che forse più di Cafiso ha dovuto mettersi in gioco, è stato in grado di rendere giustizia al magnifico racconto di Cortázar.