A vent’anni dal genocidio di Srebrenica e dagli Accordi di Pace di Dayton cosa rimane in Bosnia di quel passato che grava ancora così pesantemente sul presente? La Costituzione elaborata nel 1995 ha delineato uno stato frammentato sul piano politico, come su quello umano ed educativo, secondo i medesimi principi nazionalisti che hanno fomentato il conflitto degli anni novanta.
La Bosnia di oggi, fra proteste della società civile, tentativi di ricostruire una cittadinanza piena e non sottoposta a vincoli identitari, si scontra con politiche di revisionismo storico, un forte tasso di disoccupazione e istituzioni deboli sul piano interno e internazionale. I vent’anni di pace nati nel 1995 si sono giocati in casa, nelle case dei bosniaci, perché ogni scelta politica è ricaduta sull’istruzione, sulle possibilità di lavoro, sul pieno accesso ai diritti di cittadinanza, ma si è giocata anche nelle nostre case, perché il percorso politico della Bosnia-Erzegovina ha mostrato a chi ha saputo mettersi in ascolto i pericoli delle politiche di esclusione e separazione.
Della situazione nel Paese della ex Jugoslavia due decenni dopo gli accordi di Dayton parlano, giovedì 22 ottobre alle ore 17.30, nella sala conferenze Museo della Resistenza (corso Valdocco 4/a), Alfredo Sasso, ricercatore di storia contemporanea all’Universitat Autònoma de Barcelona, e Donatella Sasso, ricercatrice dell’Istituto Salvemini di Torino, giornalista free lance. Modererà l’incontro Matteo Zola, direttore di East Journal.