di Eliana Bert
Sono moltissimi gli adolescenti che ogni giorno, terminata la scuola, praticano sport, imparano una lingua, fanno i compiti, si sperimentano in attività ludico-espressive, si confrontano con animatori, educatori e allenatori. Ragazzi che utilizzano i social, ma che si ritrovano anche in piazza, in strada con i loro amici e cercano comunque un contatto, una relazione.
Sostanzialmente è questo il ritratto dei “millenials” torinesi emerso da un’indagine affidata dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo ai ricercatori Simone Martino, Alessio Perlino e Federico Zamengo con la supervisione del pedagogista Giorgio Chiosso e del sociologo Franco Garelli.
Una ricerca da cui è scaturito il volume “I ragazzi del Millennio. Una ricerca sulle attività extrascolastiche a Torino” presentato questa mattina in piazza Bernini. Incontro cui ha partecipato anche il Sindaco Piero Fassino che nel suo intervento ha ribadito l’importanza di questa indagine perché tra i suoi tanti pregi “offre anche elementi per fare un salto di qualità nelle politiche dell’adolescenza”.
In particolare i tre ricercatori hanno messo a confronto due quartieri della città che per le loro caratteristiche costituiscono la fotografia di due Italie assai diverse. Da un lato Santa Rita, un quartiere anziano, con una forte incidenza di classe media e, per questo, più vicino alla situazione sociodemografica maggiormente diffusa nel Paese. Dall’altro Barriera di Milano, il quartiere più giovane e più multietnico della città, in cui le code migratorie interne degli anni sessanta si sono incontrate con i flussi migratori stranieri degli ultimi decenni, creando così una situazione quasi unica in Italia.
La ricerca, frutto di più di sessanta interviste, oltre a cercare di comprendere quali sono i bisogni dei ragazzi di età compresa tra i 13 e i 19 anni, ha sondato anche il peso educativo delle realtà che operano con loro nell’extrascuola; cosa propongono; come riescono a essere attrattive nei confronti dei giovani che appaiono più emarginati. E poi ancora come interagiscono con le famiglie e con la scuola. Quale rapporto hanno con le istituzioni pubbliche.
Analizzando i dati del sondaggio i ricercatori sono giunti e una riflessione importante e non scontata: gli adolescenti, per essere coinvolti non necessitano, o almeno non sempre, di “effetti speciali”. Sono piuttosto giovani che hanno bisogno di creare legami reali tra pari e incontrare figure adulte significative. E’ quindi fondamentale che gli adulti stiano con i giovani, lavorino per loro e gli offrano esperienze di senso capaci di lasciare il segno.