Intervista a Gaetano Capizzi, a cura di Cristina Assenzio, in collaborazione con la redazione di TorinoClick
Giunge quest’anno alla sua diciottesima edizione CinemAmbiente, la più importante rassegna italiana dedicata alle produzioni cinematografiche a tema ambientale. Quest’anno il festival si terrà al Cinema Massino dal 6 all’11 ottobre. Gaetano Capizzi è il direttore e, da sempre, l’anima del festival.
Vogliamo ripercorrere con Lei la storia del Festival, partendo dal 1998 anno di fondazione.
In questi diciotto anni di vita del festival sono cambiate molte cose, sia per ciò che riguarda la nostra storia personale, sia per ciò che è successo all’esterno. Il fattore più evidente è sicuramente l’acuirsi dei problemi ambientali: il principale, quello dei cambiamenti climatici, ma anche lo sfruttamento incontrollato delle risorse disponibili, l’aumento dei rifiuti, l’inquinamento atmosferico. Al contempo c’è però un risvolto positivo: un aumento della consapevolezza da parte dei cittadini della gravità e dell’urgenza del degrado ambientale. Nasce una coscienza ambientale diffusa, per cui non si lanciano esclusivamente allarmi ma si intraprendono azioni per contrastare tale fenomeno. Pensiamo all’educazione ambientale inserita tra le materie di studio nelle scuole, alla diffusione, da parte di un gran numero di istituzioni, delle buone pratiche da adottare nella vita quotidiana per contribuire a risparmiare energia.
Argomenti ampiamente condivisi, tali da farne nascere anche una filmografia. Registi ed artisti prendono coscienza della portata dell’argomento e il cinema comincia a offrire produzioni per il grande pubblico, sensibilizzandolo a questo tipo di tematiche.
CinemAmbiente si trova in questa realtà e viene dunque percepito dagli operatori di settore come punto di riferimento. Diviene, nel corso degli anni, un festival che attira l’attenzione non solo del pubblico torinese, ma ha risonanza anche nel panorama nazionale e internazionale, tanto da divenire coordinatore del Green Film Network, associazione che riunisce i più importanti festival cinematografici internazionali a tematica ambientale.
CinemAmbiente quest’anno diventa maggiorenne. Arriviamo alla diciottesima edizione. Come è cambiata la percezione del cinema ambientale in questi anni? In passato possiamo dire che si trattava di una realtà molto più di nicchia, ma negli anni i numeri hanno confermato un’evoluzione in crescendo.
Inizialmente il pubblico a cui si faceva riferimento era un pubblico composto da ambientalisti, persone convinte della gravità del problema e delle evoluzioni in negativo in tal senso. Anche il prodotto cinematografico di vent’anni fa andava in quella direzione, di denuncia ambientale. Parallelamente esistevano le organizzazioni ambientaliste che tentavano di portare alla luce il problema; pensiamo alle azioni di Greenpeace o di Legambiente. Era il periodo del cinema naturalistico: la natura ripresa e raccontata per la sua bellezza, nella sua connotazione selvaggia.
Avviene però un cambio di prospettiva: si prende coscienza che questa natura, riportata e descritta nelle riproduzioni di quegli anni, è minacciata dai cambiamenti climatici ormai in atto e che occorre intervenire anche a livello personale. Da qui la nascita di quella coscienza ambientalista di cui parlavamo prima.
Il nostro sforzo è stato quello di aprire il festival a un pubblico largo, aiutati sia dalla presa di coscienza da parte dello stesso, sia dalla comparsa sulla scena cinematografica di prodotti adatti a un pubblico di massa. E la risposta è stata sicuramente positiva; oggi annoveriamo tra il nostro pubblico i giovani, le famiglie con i loro bambini. Questo sicuramente legato alla gratuità del festival (grazie agli interventi degli sponsor), ma altresì a una presa di coscienza che esiste un problema in tal senso.
Dicevamo 18 anni di festival qui a Torino; come ha risposto il territorio?
È sicuramente interessante capire le motivazioni della nascita di un Festival del genere a Torino. Vent’anni fa la Città ben si prestava ad accogliere tale novità: sia per la grossa cultura cinematografica esistente sul territorio, sia per la presenza di un folto pubblico cinefilo e sia per l’affermarsi di un movimento ambientalista molto forte.
L’amministrazione comunale ha risposto immediatamente, sostenendo ed incoraggiando l’iniziativa. Sostegno e supporto sono giunti anche dalle diverse istituzioni locali: l’allora Provincia di Torino, la Regione Piemonte e il Museo del Cinema hanno creduto e incoraggiato il progetto del Festival fin dai suoi esordi.
Poi è arrivata la crisi, il contingentamento delle risorse economiche agli enti locali ed è venuto a mancare gran parte di tale sostegno economico, compensato comunque da una condivisione ideologica costante. Si è dovuto dunque provvedere a far continuare a vivere il Festival. L’apporto degli sponsor è stato ed è sicuramente essenziale, consente alla manifestazione di essere totalmente gratuita.
La particolarità di questa manifestazione sta in questo speciale connubio tra cinema e ambiente. Come è nata questa idea di avvicinare questi due temi all’apparenza distanti?
CinemAmbiente nasce negli anni in cui si inizia a parlare di problemi ambientali; si organizzano summit a livello mondiale sui cambiamenti climatici, si inizia a parlare di educazione ambientale, inizia a diffondersi una coscienza ambientale tra la gente. È venuto quindi naturale pensare di sfruttare le potenzialità del mezzo cinematografico che arriva, emoziona le persone per proporre e diffondere tali tematiche.
Il tema della denuncia ambientale è centrale nelle intenzioni della manifestazione? Ma non è solo denuncia.
In effetti la storia del cinema ambientale vede un primo periodo di produzione di film shock, di denuncia che descrivono disastri e distruzioni di massa. Tutte storie reali, che lasciano lo spettatore terrorizzato ed impotente di fronte al problema.
La svolta arriva nel 2006 con il film “Una scomoda verità” che vede come protagonista l’ex vicepresidente degli Stati Uniti d’America, Al Gore, e racconta dei cambiamenti climatici e dei suoi effetti. Alla fine del film compare un decalogo su come il singolo individuo possa agire per contrastare tale fenomeno. Lo spettatore esce quindi con la consapevolezza del problema ma con anche in mano gli strumenti per affrontarlo.
Quali saranno le eccellenze di questa edizione? Quali le novità rispetto alle passate?
Sicuramente la proiezione del film di apertura “10 Billion – What’s on Your Plate?” di Valentin Thurn, che indaga sul futuro dell’alimentazione: cosa mangeremo nel 2050 quando saremo 10 miliardi? Il “nutrimento” è il tema portante di questa edizione, in linea con “Expo2015”.
Il film di chiusura “La Glace et le Ciel” di Luc Jacquet, che racconta dei ghiacciai dell’Antartide, arrivando a scoprire la prova del riscaldamento globale. E “Human” di Yann Arthus-Bertand, la cui visione può paragonarsi a una esperienza esistenziale.
Il Festival ripropone i tradizionali concorsi: quello internazionale, con otto grandi documentari, “One Hour” con eccezionali reportage da tutto il mondo e quello dei film italiani. Da questa edizione avremo una sezione “Torino e le Alpi” sostenuta dalla compagnia di San Paolo, con film sulla dimensione ambientale e sociale della montagna.
La sezione “Panorama” propone omaggi a due Festival con cui condividiamo lo spirito: Interfilm di Berlino e il Dreff della Repubblica Dominicana, una selezione di film industriali sul tema del cibo a cura dell’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa. E ancora un’ampia selezione di cortometraggi ambientali con il meglio di animazione, fiction, spot e documentari corti che, nel loro insieme, compongono un’ampia ricognizione sullo stato del pianeta.
Importante novità: il premio del pubblico sostenuto da Iren e un premio al miglior film sulla green economy, come occasione di lavoro e inclusione sociale, assegnato dai soci della Cooperativa Arcobaleno.
Una settimana ricca di eventi, approfondimenti, workshop, convegni e proiezioni cinematografiche a sfondo green. Per tutti e soprattutto gratuito.