di Mariella Continisio
Un dibattito sulla ristorazione scolastica si è svolto questa mattina a Palazzo Ceriana Mayneri, all’interno del ciclo “Polis. Istruzioni per l’uso”, il filone tematico del Circolo della Stampa improntato sull’indagine degli argomenti di attualità che coinvolgono Torino. Un momento di approfondimento che nasce in occasione della presentazione del rapporto annuale “(Non) tutti a mensa 2016” di Save the Children.
All’incontro hanno partecipato Federica Patti, assessora all’Istruzione e all’Edilizia scolastica della Città di Torino, Antonella Inverno, responsabile Save the Children, Mila Spicola, presidenza del Consiglio dei Ministri, Lorenza Patriarca, rappresentante dei dirigenti scolastici della Città di Torino e Carola Messina, responsabile CooGen Coordinamento Genitori della Città di Torino.
L’organizzazione internazionale da tre anni denuncia la disparità di accesso al servizio mensa nelle scuole elementari e la mancanza di equità che esiste ancora oggi nei refettori. Il rapporto 2016 continua a monitorare i 45 comuni con più di 100mila abitanti fotografati lo scorso anno per mappare le disparità dell’accesso a questo servizio, comparando diverse variabili: tariffe, criteri applicati, esenzioni e riduzioni, pratiche di inclusione attuate nei confronti dei bambini figli di genitori morosi e anche gli standard qualitativi che includono anche le opinioni di cento bambini e i disegni sulla loro mensa, di 6 città (Torino, Milano, Napoli, Bari, Crotone, Scalea).
Il quadro che emerge dallo studio mostra una possibile correlazione tra la dispersione scolastica, tempo pieno a scuola e la presenza della ristorazione scolastica. Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Istruzione dell’Università e la Ricerca risulta che non usufruiscono di questo servizio l’80% degli alunni in Sicilia, il 73% in Puglia, il 65% in Campania e il 63% in Calabria.
Le riduzioni tariffarie sono previste in tutti i Comuni, ma i criteri applicati non sono omogenei: 40 su 45 applicano la riduzione per disagio economico una soglia ISEE diversa. E poi ci sono enti locali come Ancona, Brescia, Foggia, Novara, Palermo, Taranto e Salerno che escludono dal servizio mensa i bambini figli di genitori morosi.
Inverno ha concluso il suo intervento raccomandando alle istituzioni di “garantire un accesso gratuito al servizio a tutti i minori in condizioni di povertà come livello essenziale delle prestazioni per l’infanzia attivando le risorse messe a disposizione dai Fondi europei per un importo pari a 77 milioni di euro”.
Spicola ha messo in evidenza come il i dati che emergono dalla rapporto siano importanti per dare ai decisori locali un quadro della situazione. “Il Governo ha creato un fondo sulle povertà educative utilizzando i soldi messi a disposizione dei fondazioni bancarie. Una parte di questi saranno destinate alle mense”. “Bisogna affrontare il problema della crescita dei bambini, della sana e corretta alimentazione – ha aggiunto -. A questo riguardo penso a Torino dove si è aperta una questione sulla qualità del cibo”.
“Nella nostra città la protesta dei genitori riguarda le tariffe e la qualità dei pasti. Stiamo lavorando proprio in quella direzione – ha precisato Patti – la riduzione dei costi della mensa e il miglioramento della qualità dei cibi serviti nei refettori. Vogliamo lavorare affinchè a tutti gli allievi sia garantito cibo di qualità”. Una novità riguarda la composizione delle commissioni mensa: “Stiamo studiando un nuovo regolamento comunale che consenta ai dirigenti scolastici di poter inserire tra i vari componenti anche i bambini” ha concluso l’assessora.
Per il CooGen “deve essere la fiscalità generale a coprire una parte del costo della mensa perché la ristorazione scolastica riguarda tutta la collettività”.