di Mariella Continisio
L’età media delle persone che lavorano nel Comune di Torino è di circa 53 anni, su una popolazione complessiva di 9531 persone. La maggior parte di loro fa parte infatti dei cosiddetti baby boomer nati negli anni Sessanta. Tra questi una piccola percentuale di lavoratori raggiunge i 65 anni. Il 67% dei dipendenti sono donne e il 33% uomini (dati riferiti al 30 settembre 2017).
E’ uno dei dati rilevanti emersi dalla ricerca presentata questo pomeriggio dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino sulla “Qualità della vita lavorativa alla luce dell’invecchiamento tra il personale del Comune di Torino” nell’ambito di un corso di formazione, previsto da una convenzione con l’ateneo, per i quadri direttivi dell’Amministrazione Comunale. L’indagine, promossa dal Comitato Unico di Garanzia, in collaborazione con la divisione Personale con l’obiettivo di ragionare sulle problematiche evidenziate e sulle possibili strategie per affrotarle, è stata effettuata nel dicembre 2017.
I dati sono stati presentati dalla professoressa Daniela Converso, che ha elaborato i questionari compilati on line dei dipendenti, con la ricercatrice Ilaria Sottimano.
L’invecchiamento delle persone che lavorano è un dato che riguarda tutto il pubblico impiego. Torino, in particolare, negli anni Ottanta ha ampliato i servizi assumendo migliaia di persone. Questo dato rappresenta l’onda lunga dell’innovazione intrapresa dalla Città in quegli anni che oggi fa sì che tante persone insieme abbiano raggiunto i 55-60 anni. “Ciò che ha rappresentato un punto di forza oggi è una criticità” ha spiegato Converso.
L’età avanzata dei dipendenti comunali fa emergere, tuttavia, un dato positivo: la capacità di resilienza e di compensazione: “l’aver vissuto attivamente gli anni ’80 e ’90 all’interno dell’Amministrazione ha creato un legame tra ente e lavoratori molto protettivo rispetto all’esaurimento emotivo e alla perdita di abilità lavorativa di cui oggi risentono i lavoratori e che li protegge dai fattori di stress. Un aspetto non scontato. Infatti, questa fascia di persone è più motivata rispetto ai colleghi quarantacinquenni che hanno una prospettiva di lavoro lunga e fanno fatica a pensare di dover lavorare ancora per molti anni” ha spiegato la docente.
Ci sono poi fattori di protezione che devono essere adottati. Se le persone devono lavorare più a lungo è necessario investire; tuttavia, “sarebbe sufficiente un riconoscimento nell’ambito dell’organizzazione del lavoro dei cambiamenti che l’invecchiamento comporta per le persone, al fine di migliorarne la condizione psico-fisica” ha suggerito una collega.
Altro aspetto positivo è il valore aggiunto dato dell’esperienza e dal know how acquisito negli anni che è fondamentale trasmettere a qualcuno. Basta una dato: “con la quota 100 introdotta dalla nuova legge sulle pensione – ha spiegato Marco Giusta, assessore alle Pari opportunità della Città – 2mila dipendenti del Comune uscirebbero dal mercato del lavoro con il rischio non solo di lasciare buchi all’interno dell’Amministrazione, ma anche di non fare un passaggio di consegne”.
Un altro dato importante evidenziato dall’indagine è l’esistenza di un legame tra il ricorso alla legge 104/92 (introdotta per garantire i diritti dei disabili e di chi li assiste) e il crescere dell’età, che sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro comporta l’emergere di criticità, in particolare, tra coloro che svolgono il loro servizio agli sportelli, nelle biblioteche e nei servizi educativi. Si tratta del 23,8% del personale che usufruisce della agevolazioni rispetto al totale della popolazione comunale.