di Luisa Cicero
Manuela Arata presidente dell’Associazione Festival della Scienza di Genova e coordinatrice dell’incontro ‘L’unione fa la forza. Tumore al seno. Scienza, ricerca e coraggio’, in programma sabato 28 febbraio ci racconta come gestirà la chiacchierata in rosa per la chiusura della 29a edizione di ‘GiovedìScienza tutta al femminile’ al Teatro Colosseo.
Com’è nata l’idea di questo incontro a quattro?
Il convegno nasce con l’intenzione di aiutare e mettere a disposizione di chi ascolta esperienze e conoscenze. Io sono stata coinvolta proprio perché ho avuto un carcinoma e una ricaduta. E sono sopravvissuta, ma soprattutto sopravvivo molto bene.
Con chi condividerà l’esperienza?
Due delle ospiti sono delle esperte professioniste: una chirurgo senologa e una ricercatrice che lavora nel campo della chemioterapia. La senologa parlerà dell’evoluzione della chirurgia. Ai miei tempi le donne venivano devastate dalle operazioni. Invece adesso c’è una grande attenzione al corpo femminile. Come dico spesso alle mie amiche, avere le tette rifatte a 50anni a spese del servizio sanitario nazionale non è poi così male! Vivere con un po’ di spirito pratico ci permette anche di farci due risate.
Quale obiettivo vi siete date?
Innanzitutto dare i dati dell’evoluzione e involuzione di questa patologia. È vero che i casi mortali diminuiscono ma solo perché c’è una maggiore prevenzione. Il discorso di sabato sarà sicuramente mirato a sostenere la prevenzione e a convincere tutte le donne che è quella che ti cambia la vita. Mammografia, controlli regolari, pap-test ecc. sono fondamentali. Si sopravvive solo se la patologia si scopre in tempo, altrimenti il cancro è una malattia devastante.
Le sembra che sia un argomento adeguatamente trattato?
Di cancro al seno non se ne parla mai. L’unica volta che ho visto sviluppare l’argomento è stato in una trasmissione di Gad Lerner, anni fa. E mi sono commossa, perché mi ha fatto sentire a casa. Mediamente la gente che ti incontra ti dice ‘scusa se te l’ho chiesto’ perché è un brutto male e quindi non bisogna parlarne, oppure ‘si va bene dai tranquilla che adesso si cura’ e tu pensi… ma prenditelo tu carino! Gli unici che ti capiscono bene sono gli esperti. Io stavo bene solo in ospedale oppure insieme alle persone che avevano la mia stessa ‘cosa’ perché solo con loro condividevo tutto. Soprattutto lo sgomento. Perché la paura non l’ho mai avuta. Ma lo sgomento, quello sì.
Cosa dirà durante la serata?
È importante far parlare chi le cose le sa e non chi le ha sentite dire. C’è troppa gente che su questi argomenti favoleggia. Voglio che sia un incontro umano. Alla fine un’esperienza come questa è dolorosa, difficile e faticosa. Ma per me dal punto di vista umano è stata straordinaria. Mi ha dato una dimensione della vita, delle cose e dei rapporti con le persone davvero incredibile. Si dice gli amici si trovano nel momento del bisogno: da me c’erano le file. Erano tutti schierati. Mi farò aiutare poi dall’esperta per far capire quanto conta vivere l’esperienza con un uomo, con l’amore o col non amore… Ricordiamoci che il cancro stravolge totalmente la vita di una donna.
Manuela Arata ha deciso infine di raccontare un aneddoto:
Le racconto un’ultima cosa. L’anno scorso è uscita fuori una proposta, mi pare americana, che Veronesi aveva raccolto, di non chiamarlo più cancro ma tumore. E noi che lo abbiamo avuto ci siamo offese a morte. Ci siamo dette allora ci hanno raccontato una balla. Non dovevamo morire, non era una cosa tragica. La risposta è stata ‘così lo alleggeriamo’. A quel punto mi è venuto da dire allora anche il cancro alla prostata chiamiamolo diversamente. Figuriamoci se gli uomini, su una cosa così importante come il loro…. cambiano denominazione! Che se quando gli gira un pelo che gli fa male siamo tutti alla corte del morto! (risatina) Prima hanno sminuito il parto dicendo che dobbiamo figliare con dolore senza fare l’epidurale perché siamo condannate a questo per essere state quelle che hanno dato la mela ad Adamo. Adesso ci dicono che questo non è più cancro, e a noi dispiace tanto. Su questo si può fare della bella ironia come vedi. Ma si sa, la donna d’altronde anche sulla malattia è capace a prendersi in giro.