di Antonella Gilpi
“Indagine sullo scudetto revocato al Torino nel 1927” è il titolo del libro scritto da Massimo Lunardelli che sarà presentato nel primo degli “incontri speciali” legati alla mostra “Il Toro torna a casa”. Appuntamento che si terrà nella sala conferenze della Biblioteca Villa Amoretti, in corso Orbassano 200, mercoledì 9 novembre alle 18,30.
Seguiranno “La scelta granata. Il tifoso del Toro: psicodramma di un amore” di Alessandro Tabarrani e “Filadelfia. Storia di un territorio e del suo stadio” di Fabrizio Turco e Vincenzo Savasta; la serata sarà moderata da Darwin Pastorin e Sabrina Gonzatto.
Nelle pagine di Lunardelli è raccontata la storia del campionato 1926/27, a conclusione del quale il Torino conquista il suo primo scudetto; uno degli incontri decisivi si giocò il 5 giugno 1927; un derby con la Juventus, vinto in sofferenza per 2 a 1, poi revocato.
Il libro non si ferma a descrivere l’ambiente sportivo ma approfondisce vicissitudini e atmosfere di un’epoca e un Paese.
Che i tifosi del Toro si sentano differenti dagli altri, che il supporter granata abbia un forte senso dell’identità e dell’appartenenza, poiché spesso la fede calcistica viene tramandata di padre in figlio, da nonno a nipote, e ha una forte connotazione territoriale radicata a Torino e nelle province piemontesi e che consideri il tifoso granata di altre regioni “un’eroica sentinella” posta a difesa di un lontano avamposto in terra nemica: tutto ciò viene narrato nel libro di Alessandro Tabarrani “Il tifoso del Toro. Psicodramma di un amore”.
Ci sono in quelle pagine, un po’ autobiografiche, sentimenti e frustrazioni dell’ultimo tifoso descritto, quello non torinese, in una terra dove sono attivi da molti decenni i Toro Club Apuana e Versilia, Pontremoli e Golfo dei Poeti di La Spezia e soprattutto il ricordo di una terra che fra gli anni Ottanta e Novanta ha dato al Toro alcuni giocatori importanti: Fabrizio Lorieri, Giovanni Francini, Roberto Mussi e Dante Bertoneri, forse il più talentuoso tra” i figli del Filadelfia” che però si è bruciato presto per ragioni al di là del calcio.
L’ultimo libro della serata “Filadelfia. Storia di un territorio e del suo stadio” di Fabrizio Turco e Vincenzo Savasta ci riporta all’inaugurazione dell’impianto che avvenne il 17 ottobre 1926, quando per l’occasione si svolse la partita amichevole tra il Torino e il Fortitudo Roma, alla presenza del Principe ereditario Umberto II, della principessa Maria Adelaide e di un pubblico di 15.000 spettatori. Il campo venne benedetto prima dell’incontro dall’Arcivescovo di Torino Monsignor Gamba: La partita finì con la vittoria del Torino per 4 a 0.
Il Fila, voluto dal conte Enrico Marone di Cinzano, presidente granata, sorse, a quell’epoca, su un terreno di periferia che venne scelto per il basso costo dell’area, copriva un’area di 38 mila metri quadrati cintati da un muro alto due metri e mezzo. Uno stadio che vide i granata vincere qui sei dei loro sette scudetti (a cui va aggiunto anche quello revocato nel 1927).
In questa struttura il Torino è rimasto imbattuto per sei anni, 100 gare consecutive, dal 17 gennaio 1943 alla tragedia di Superga, compreso il famoso 10-0 ai danni dell’Alessandria (ancora record per una gara di serie A). Uno stadio che riecheggiava le note del tifoso trombettista Bolmida.che scandivano i passaggi e i momenti più cruciali della partita.