di Gianni Ferrero
L’affermazione dei diritti sociali è una marcia senza sosta. Che prosegue a tappe, di generazione in generazione. Abbattendo steccati, inglobando e superando differenze, amarezze, discriminazioni. I diritti legati all’identità di genere, all’affermazione del proprio orientamento sessuale o dei propri legami sono stati al centro di una battaglia civile per certi aspetti vinta. Lo si avvertiva questa mattina, al Teatro Vittoria, per il bilancio conclusivo dell’attività del Settore Lgbt del Comune di Torino, in veste di coordinatore nazionale della rete delle Pubbliche Amministrazioni antidiscriminazioni, fiore all’occhiello in Italia coordinato da Gabriella Bianciardi.
In platea oltre duecento persone, molti ufficiali appartenenti all’Arma dei Carabinieri e alla Polizia di Stato (in rappresentanza dell’Oscad, Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), dirigenti del Miur e del ministero delle Politiche sociali, esponenti di diverse città italiane. Garantire la sicurezza di tutti, nella società complessa è un prerequisito fondamentale, al fine di tutelare la godibilità dei diritti. Ecco dunque l’importanza del contrasto alle discriminazioni, con il coinvolgimento delle scuole, delle associazioni, di giuristi in un’operazione capillare di disseminazione di valori positivi, di vera e propria educazione sociale. Una sfida educativa di valore assoluto e che, attraverso l’attuazione del comma 16 della legge 107 dello scorso anno, la cosiddetta ‘Buona Scuola’ metterà in evidenza, tra i banchi delle classi, all’inizio del prossimo anno scolastico l’importanza dell’attuazione dei principi di pari opportnità, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni con un kit appositamente approntato dall’Ufficio dello Studente di Viale Trastevere, sede del Miur.
Uno slancio verso una società migliore partito dunque da Torino, raccogliendo la sfida lanciata nel 2010 dal Consiglio d’Europa con la raccomandazione diretta agli Stati membri, finalizzata a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Si tratta di un passaggio nell’affermazione delle questioni Lgbt. In essa, infatti, il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali e transessuali è stato collocato nel contesto della tutela dei diritti umani. In particolare, il preambolo della raccomandazione sottolinea come le persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali hanno subito in ragione del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere forme di intolleranza e di discriminazione, e che è indispensabile “un’azione incisiva al fine di garantire loro il pieno godimento dei diritti umani”.
Per l’attuazione della decisione il Consiglio d’Europa ha promosso un programma sperimentale a cui l’Italia ha aderito attraverso il dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e l’ufficio nazionale Antidiscriminazioni razziali, in veste di focal point nazionale. In questo scenario il dipartimento per le Pari opportunità e l’ Unar hanno elaborato la strategia nazionale Lgbt con la collaborazione con le diverse realtà istituzionali, l’associazionismo e le parti sociali. Tra queste la Città di Torino, che oltre ad approntare un portale nazionale (perfettamente completato con migliaia di schede, tuttavia non ancora on line) ha promosso un’intensa formazione rivolta ai funzionari della Pubblica amministrazione e in quattro ambiti strategici d’intervento, coordinati da Roberto Emprin: l’educazione e istruzione, il lavoro, la sicurezza e le carceri, la comunicazione e media. Per ciascuno di essi, sono stati definiti in modo semplice e schematico gli obiettivi e le misure specifiche da mettere in campo per promuovere la parità di trattamento e dare un forte impulso a quel processo di cambiamento culturale che è uno degli obiettivi della Raccomandazione del Consiglio d’Europa. Numerose le città capoluogo di regione dove si sono svolte le lezioni: da Bologna a Venezia, da Bari a Milano, pressochè la Penisola è stata coperta dalle inziative.