di Gianni Ferrero
Mattinata di educazione civile straordinaria per gli studenti del D’Azeglio. Un’aula magna attenta, stracolma di ragazzi e docenti ha ascoltato da Chiara Acciarini, Mario Dogliani, Gian Enrico Rusconi, Anna Bravo e Patrizia Gabrielli un excursus sulle radici della storia repubblicana, approfondimento volto in modo particolare a celebrare il ruolo delle donne nella vita politica del Novecento. E a marcare il ritardo, sanato solo settant’anni fa, il 10 marzo 1946 con cui nel nostro Paese fu introdotto il suffragio universale femminile.
Un convegno nazionale, quello di oggi al liceo classico, organizzato dal Cidi, che con merito si è strasformato in una concreta e una istruttiva lezione di storia contemporanea.
Una iniziativa elogiata dal sindaco Piero Fassino che si è soffermato a ricordare come la Grande guerra, costringendo la popolazione maschile al fronte, ha visto crescrere il ruolo attivo delle donne a custodi e pilastro della società produttiva ed economica fino a un protagonismo politico che a metà degli anni Venti il totalitarismo congelò, per rinascere forte e attivo nella Resistenza.
Si è trattato di una riflessione a tutto tondo quella del sindaco, sottolineando la figura delle 21 donne che fecero parte della Costituente e, fra esse, la torinese Rita Montagnana: “Siamo qui per riflettere su una conquista democratica, di libertà. Il voto alle donne, elemento fondamentale nel percorso di maturazione della società è l’esito di percorso accelerato dalla loro partecipazione alla lotta di Liberazione, con grande tributo di dolore e sofferenze – ha spiegato il sindaco – La conquista dei diritti politici non fu una progressiva concessione o un’estensione dei principi liberali e democratici, ma il risultato di una lunga e dura battaglia. La rivendicazione dell’accesso alla sfera pubblica – che fin dal mondo antico era stata costruita e definita sulla base dell’espulsione delle donne – provocò una tenacissima resistenza per uno specifico motivo: l’esclusione delle donne dalla vita pubblica era legata al loro assoggettamento nella sfera privata”.
In Italia le donne votarono per la prima volta nel corso delle elezioni amministrative del marzo e aprile 1946 e, successivamente, il 2 giugno 1946 per il referendum monarchia-repubblica. Era il punto d’arrivo di un lungo percorso, quello del voto femminile nell’Italia da poco unita sino agli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale, quando il Paese che si sta liberando anche grazie e soprattutto al contributo delle donne iniziando a riconoscere i loro diritti giuridici e civili. Fu l’ottenimento di un legittimo diritto, non una concessione: “Il processo della parità di genere non è concluso se consideriamo che in ben otto casi su dieci le cariche pubbliche sono detenute da uomini”.
Nelle società partecipate legate al Comune di Torino, sono ben oltre un terzo le quote rosa. Ma fa ancora notizia la nomina al vertice di un consiglio di amministrazione di una manager. Così come solo due i rettori-donna nelle 108 università italiane e il ruolo di primario negli ospedali è ancora legato in larga misura a figure maschili.
La battaglia per la democrazia paritaria va condotta anche nelle istituzioni pubbliche, per incrementare la presenza femminile in una proporzione corrispondente a quella demografica.
“Nel corso dei decenni la società italiana ha incorporato valori di uguaglianza e di pari opportunità. In questi 70 anni molta strada è stata percorsa, hanno trasformato l’assetto istituzionale e quello della società italiana, affermando e facendo vivere valori di uguaglianza e di pari opportunità. Un cammino nel segno del progresso e dello sviluppo sociale. Lo sviluppo economico ha aperto alle donne il mercato del lavoro. Lo sviluppo del welfare ha garantito servizi essenziali per l’autonomia della donna. La crescita culturale e formativa ha affermato diritti e soggettività femminili“. Ma nonostante le riforme istituzionali e leggi importanti come la riforma del diritto di famiglia del 1975, la legge sul divorzio e sull’aborto, le nuove norme sull’infanzia e la legge sulle convivenze di fatto approvata da un ramo del Parlamento, nella società italiana si manifestano ancora non poche difficoltà a riconoscere appieno la parità di genere.