di Mariella Continisio
I laboratori alla scoperta delle lingue e delle culture delle bambine e dei bambini delle scuole torinesi, sono partiti in questi giorni in alcune scuole primarie di Torino. Si tratta degli istituti Parini e Sabin, in cui sono coinvolte le classi IV e V per la prima e due IV per la seconda. Gli allievi di III e V della primaria De Amicis, invece, cominceranno giovedì 31 marzo.
Il progetto sperimentale “Noi e le nostre lingue”, promosso dall’assessorato alle Politiche educative della Città di Torino, guidato da Mariagrazia Pellerino, introduce nelle scuole elementari una riflessione sulle diverse lingue parlate dai bambini con radici culturali diverse. A Torino i bimbi e gli adolescenti figli di stranieri, molti nati in Italia, rappresentano il 25% della popolazione scolastica. L’obiettivo è di far crescere la coscienza del valore e della ricchezza rappresentata dalle diversità attraverso il contatto con altre lingue madri e altre culture.
“La valorizzazione del plurilinguismo nelle classi è tesa a migliorare l’interazione-integrazione nelle scuole oltre a sviluppare le potenzialità del patrimonio linguistico degli alunni stranieri – precisa Pellerino –. Per questo abbiamo avviato una collaborazione con l’Università di Torino che ha condotto una ricerca sugli atteggiamenti degli insegnanti di 27 scuole primarie piemontesi. I dati raccolti evidenziano una fiducia sugli effetti della valorizzazione delle “lingue di casa” degli alunni, ma mostrano anche una certa difficoltà a tradurre questa consapevolezza in pratiche didattiche condivise”.
Nelle sei classi sono proposte quattro lingue o dialetti: la lingua araba perché altamente presente tra gli stranieri torinesi, distante tipologicamente dall’italiano; il rumeno e lo spagnolo perché sono molto diffusi a Torino e condividono con l’italiano i tratti delle lingue romanze; una lingua africana, il medumba, perché la popolazione dell’Africa sub-sahariana è altamente rappresentata in città (l’area di origine è il Camerun); la lingua persiana che riflette invece la scarsa frequenza tra la popolazione scolastica immigrata torinese, permette di determinare tra tutti gli alunni una situazione di estraneità linguistica.
“La scelta di lingue straniere ampiamente rappresentate nella popolazione scolastica torinese valorizza le competenze plurilingui di alcuni alunni, mentre la scarsa presenza di alunni iraniani permette invece di porre tutta la classe nella stessa situazione di distanziamento linguistico rispetto alla lingua persiana” precisa Cecilia Andorno, docente del Dipartimento di Studi Umanistici e coordinatrice scientifica del progetto. “Il nostro compito – prosegue la professoressa – è fare educazione linguistica per far capire ai bambini come sono i suoni, le parole, le regole delle lingue che possono per alcuni aspetti essere anche simili. Per questo proponiamo agli allievi un confronto tra gli idiomi più vicini e più lontani a loro. Li stimoliamo a dialogare e a esprimersi nella lingua che conoscono, per farli sentire orgogliosi di questo sapere. Ciò non significa trascurare la conoscenza della lingua italiana”.
Adorno ha curato anche la formazione dei sette borsisti universitari (tre sono i referenti tutor per ogni scuola e quattro sono i testimoni degli altrettanti idiomi scelti per i bambini) e la programmazione con le scuole. A lei il compito di monitorare l’iniziativa e raccoglie i dati sulla sperimentazione.
“Un aspetto importante del progetto – ha concluso il coordinatore scientifico – è il coinvolgimento degli studenti universitari perché questa esperienza arricchisce la loro formazione”.
Il percorso si concluderà il 25 maggio alla Parini, il 26 maggio alla De Amicis e il 6 giugno alla Sabin.