di Mauro Gentile
Una medaglia d’onore a chi, pur senza armi e divisa, seppe opporsi ai nazifascisti e scelse la prigionia piuttosto che mettersi al servizio di SS e repubblichini.
Questo pomeriggio, nella Prefettura del capoluogo piemontese, è avvenuta la cerimonia di consegna dell’onorificenza a dieci di loro e, per quelli che non sono più tra di noi, ai familiari.
A rappresentare la Città di Torino il vicesindaco Elide Tisi che ha sottolineato come “oggi viviamo un periodo in cui valori come pace, libertà e democrazia – per i quali poco più di settant’anni fa i nostri nonni, le nostre madri e i nostri padri si erano battuti con coraggio e, non di rado, mettendo in gioco anche la propria vita – sono nuovamente minacciati in diverse parti del mondo, anche nella nostra Europa, dove fino a poco tempo fa pensavamo impossibile si potessero verificare fatti come quelli recenti di Parigi, dove l’odio e il fanatismo, come era accaduto negli anni della Seconda Guerra Mondiale, hanno di nuovo portato sofferenza e morte tra la gente comune.
Credo – ha aggiunto Tisi – che oggi, anche per questo, le cerimonie legate al Giorno della Memoria assumano ben più che il valore di un semplice anniversario. Sono un’occasione per ricordare a noi, e soprattutto ai nostri giovani, che pace, libertà e democrazia sono valori che hanno bisogno di essere difesi sempre”.
“Sono passati settantuno anni dal termine del secondo conflitto mondiale e dalla fine degli orrori di quel buio e tragico momento della storia. Un lungo periodo, ma – ha detto il vicesindaco” non possiamo e non dobbiamo dimenticare quegli orrori che non avevano risparmiato la popolazione civile, soprattutto nei mesi dell’occupazione nazista.
Era gente comune, persone cadute nella mani dei soldati del Reich durante un rastrellamento. Donne e uomini che, anche senza vestire una divisa e imbracciare un fucile, seppero dire di no e non piegarsi davanti alle camice nere della repubblica Sociale e alle formazioni di SS, preferendo alla collaborazione con esse la deportazione e l’internamento nei lager nazisti o i lavori forzati nei battaglioni al servizio della Wermacht in Germania, nei territori occupati o al fronte.
Come i partigiani in montagna, seppero Resistere con coraggio, anche se quell’atto voleva dire prigionia e morte”.
“Non fu un sacrificio vano, perché – ha ricordato Tisi – quelle donne e quegli uomini contribuirono a ridare all’Italia quella dignità perduta negli anni precedenti e, alle italiane e agli italiani, ad assicurare un futuro senza catene.
Fu scelta difficile quella compiuta dopo l’8 Settembre di settantatre anni fa, di sacrifici e sofferenze, ma che ha contribuito a donarci il Paese in cui oggi viviamo”.