di Luisa Cicero
Sono stati la Marsigliese e l’Inno d’Italia come simbolo dell’unione fra il nostro Paese e la Francia e in particolare tra Torino e Parigi a concludere, stamattina, all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino la cerimonia di conferimento del diploma honoris causa a Guy Cogeval, presidente dei Musees d’Orsay e dell’Orangerie di Parigi.
All’evento hanno partecipato il sindaco Piero Fassino, il presidente e il direttore dell’Accademia, Fiorenzo Alfieri e Salvo Bitonti, e il docente di Storia dell’Arte dell’Accademia Albertina, Luca Beatrice che ha tenuto la laudatio.
“Dopo la tragedia di Parigi – ha sottolineato Fassino -, ci siamo chiesti se fosse giusto spostare l’appuntamento di oggi. Abbiamo invece deciso di confermarlo quale scelta precisa di non accettare il ricatto di coloro che pretendono di desertificare le nostre città. Per rispondere a questi attacchi – ha aggiunto il sindaco – non dobbiamo cambiare la nostra vita. Loro puntano alla distruzione dei simboli della cultura e della civiltà.
Combatterli significa difendere il nostro patrimonio. Anche conferire, come abbiamo fatto oggi, il diploma honoris causa al presidente Cogeval ha un significato di contrasto a questi atti eversivi. Bisogna tutelare la cultura – ha concluso – e affermare le ragioni della civiltà contro quelle della barbarie, le ragioni della vita contro quelle della morte”.
Guy Cogeval, le cui origini sono italiane e in particolare piemontesi, è diventato il presidente dei musei d’Orsay e dell’Orangerie di Parigi e direttore delle sue collezioni nel 2008, e in questi sei anni ha impresso alla celebre istituzione, culla dell’Impressionismo, una sorta di rivoluzione operata su più fronti: la ristrutturazione delle sale e il suo rilancio attraverso l’organizzazione di numerose mostre. Sotto la sua direzione l’Orsay ha incrementato, dal 2001, i visitatori da 1milione e settecentomila a 3 milioni e duecentomila, arrivando ad allestire sedici mostre temporanee in un anno.Specialista di Édouard Vuillard, Cogeval vanta esperienze al Musée des Beaux-Arts de Lyon, è stato professore di storia dell’arte dell’Ottocento all’École du Louvre, poi ancora conservatore allo stesso Musée du Louvre, come vicedirettore del servizi culturali. Direttore del Musée des monuments français fra il 1992 e il 1998, negli ultimi nove anni era stato alla testa del Musée des beaux-arts de Montréal, in Canada. Diventato presidente del Musée D’Orsay e direttore delle collezioni, Cogeval ha indirizzato personalmente il riallestimento dello spazio espositivo, che è diventato, sotto la sua guida, sempre più attrattivo. Con lui il Musée della Gare d’Orsay è diventato un generatore di idee: lì le mostre vengono pensate, esposte e poi riproposte al pubblico di tutto il mondo quali potenti ambasciatrici delle collezioni permanenti oltre che un importante investimento per l’economia del museo.
E Torino non si è fatta sfuggire l’occasione di beneficiare dell’opportunità offerta dal museo parigino. La città ha infatti ospitato ben tre rassegne partite dalla Gare d’Orsay: quella di , dal 18 ottobre 2012 al 27 gennaio 2013, la mostra di Pierre-August Renoir, dal 23 ottobre 2013 al 23 febbraio 2014, l’attuale esposizione di Claude Monet, ospitata alla Gam fino al 31 gennaio 2016. È inoltre in progetto una prossima tappa dedicata all’artista Édouard Manet.
“Sostengo da sempre che tra gli elementi in grado di conferire valore aggiunto a un territorio vi è la cultura – ha affermato ancora Fassino -, fattore di sviluppo strategico per i centri urbani. La cultura migliora la qualità della vita, crea lavoro, rende più attrattivo il territorio e produce investimenti. Non è un qualcosa che va aggiunto, ma bensì un elemento costitutivo di un modello di sviluppo che dobbiamo continuare a perseguire per portare Torino al centro dei circuiti turistici internazionali”.
Nella lectio magistralis ‘Una spensierata corsa verso l’abisso’, Cogeval ha affrontato il tema del fascismo in Italia, ammonendo contro i rischi di “una pericolosa riabilitazione del fascismo a cui si assiste oggi. La nostalgia del fascismo che sta riaffiorano parallelamente alla ‘nostalgia’ nell’ex Germania dell’Est – ha detto – mi pare mostruosa e irresponsabile. Il pericolo per l’Europa è il ritorno all’ognuno per sé e la scomparsa del senso civico”.