di Piera Villata e Gianni Ferrero
Un pomeriggio di poco meno di due anni fa, il 24 gennaio del 2013, il Capo dello Stato era seduto in Sala Rossa per partecipare alla cerimonia di commemorazione dell’avvocato Giovanni Agnelli, nel decimo anniversario della sua scomparsa. Una presenza, quella di Giorgio Napolitano, prestigiosa e di grande significato che il sindaco Piero Fassino aveva definito “un atto di sensibilità istituzionale e di valore morale, apprezzata da tutti e che accresce, una volta di più, la gratitudine dei torinesi, come quella di milioni di italiani, per essere egli un punto insostituibile di certezza e fiducia in ogni momento della vita del nostro Paese”.
Quel giorno di due anni fa, il Presidente della Repubblica aveva ricordato la nomina di Giovanni Agnelli a senatore a vita e di come egli avesse inteso questo riconoscimento nel suo pieno significato e valore. “Operare nel cuore della società, in posizione di alta responsabilità, e – aveva detto Napolitano – dare prova nello stesso tempo di un forte senso delle istituzioni e degli equilibri democratici, fu ciò che contraddistinse il presidente della Fiat, facendone un protagonista della nostra vita pubblica oltre che una figura centrale del mondo economico”.
Da parte della più alta carica dello Stato non era mancato un piccolo messaggio riservato a Torino, in cui Napolitano aveva tenuto a ricordare che, mai come nei suoi anni da presidente, aveva “sentito la città così vicina, cogliendone l’animo più profondo e autentico”.