Dalle 16 di questo pomeriggio la galleria che collega via Pietro Micca a via Santa Teresa è dedicata a Enzo Tortora, il popolare conduttore televisivo vittima di un clamoroso errore giudiziario, scomparso, non ancora sessantenne, nel 1988. Al presidente del Consiglio comunale Giovanni Porcino è toccato tracciare la biografia e ricordare il travaglio giudiziario, la carcerazione, la militanza nelle file radicali che lo porteranno all’elezione al Parlamento europeo e infine la riabilitazione dopo il riconoscimento dell’innocenza e dell’estraneità con il mondo della criminalità e le tante battaglie combattute per una giustizia autentica.
Al termine di un incontro solenne tra quanti hanno condiviso scampoli di vita con lui e ne hanno sottolineato i tratti di grande umanità – dai primordi della professione giornalistica al giornale radio Rai insieme a Piero Angela a Gigi Marsico, qui a Torino, agli amici radicali Valter Vecelio e Igor Boni, dal garante piemontese dei detenuti Bruno Mellano al presidente del Centro Pannunzio Pier Franco Quaglieni e all’avvocato Anna Chiusano – il sindaco Piero Fassino ha svolto una riflessione sulla necessità da parte dei cittadini di fidarsi della giustizia e sul controllo sacrosanto della veridicità di fatti raccontati dai cosiddetti pentiti. Ha spiegato come il caso Tortora ricordi il tema della responsabilità degli atti dei magistrati, chiamati a rispondere degli sbagli come qualsiasi altro cittadino, ha evocato il problema della carcerazione preventiva, che da straordinaria diventò ordinaria e infine il dolore che si consuma in seguito agli errori. Com’è il caso dell’ uomo innocente, in Sicilia, rinchiuso dietro le sbarre per ben undici anni, prima di essere scagionato e di cui le cronache trattano in questi giorni.
Per il sindaco la targa apposta all’imbocco della galleria ricorda il dramma umano e civile di Tortora e di tutti quelli che hanno sofferto per una giustizia negata o ingiusta: “Il suo caso continua a parlare alle persone, a chi è attento alle ragioni del diritto e della giustizia perché è una vicenda che evoca questioni nodali, come quella di assicurare al nostro Paese un sistema giudiziario di cui i cittadini si possano fidare, per una giustizia giusta e rapida”.
Il 17 giugno 1983 Enzo Tortora finì in prigione con l’accusa infamante di associazione per delinquere di stampo camorristico e traffico di droga, all’interno di una operazione che portò in carcere oltre 850 presunti affiliati alla Nuova Camorra Organizzata sulla base di dichiarazioni di pentiti. Scontò oltre 7 mesi di carcere e di arresti domiciliari, malgrado fosse completamente estraneo ai fatti. Candidato alle elezioni nel 1984 dal Partito Radicale, su una proposta del leader Marco Pannella, partito di cui divenne anche presidente, fu eletto deputato al Parlamento europeo con oltre 450mila preferenze. Condannato in prima istanza il 17 settembre 1985 a dieci anni di reclusione, si dimise dal Parlamento di Strasburgo per affrontare il processo d’appello nel quale – il 15 settembre 1986 – fu riconosciuto innocente ed estraneo alle accuse, come ribadì la sentenza definitiva della Corte di Cassazione il 13 giugno 1987.
Dal caso Tortora e dal suo impegno di vittima e di testimone nacque la battaglia per la giustizia giusta con il ricorso a una campagna referendaria che ha compreso la richiesta della responsabilità civile dei giudici. Profondamente minato nel fisico il 18 maggio 1988, dopo il calvario giudiziario che ne aveva scalfito l’onorabilità, venne stroncato da un tumore. La decisione della Commissione Toponomastica del Comune di Torino va a riconoscere la popolarità e il riscatto di un cittadino ingiustamente accusato.