di Antonella Gilpi
Il caffè dei fratelli Fiorio, meglio noto come Caffè Fiorio, fu inaugurato nel 1780 in contrada da Po (oggi via Po 8). Fu dapprima frequentato dall’aristocrazia torinese e dai maggiori intellettuali e politici della città per poi diventare il ritrovo dell’aristocrazia conservatrice, mentre il luogo di incontro dei rivoluzionari e patrioti era il Caffè Colosso, oggi scomparso. Soprannominato Caffè dei Macchiavelli o Caffè dei Codini per via della clientela molto conservatrice fino a metà Ottocento, la sua fama crebbe molto velocemente e il Caffè Fiorio iniziò a essere frequentato anche dall’alta borghesia cittadina. Per venire incontro agli avvenimenti sociali cambiò temporaneamente il suo nome, e nel 1850 divenne il Caffè della Confederazione Italiana, per poi tornare dopo pochi anni alla denominazione originaria.
Alla fine dell’Ottocento il Caffè diventa punto d’incontro dei maggiori intellettuali e personaggi politici del Risorgimento come Urbano Rattazzi, Massimo D’Azeglio, Camillo Benso di Cavour, Giacinto Provana di Collegno, Cesare Balbo, Giovanni Prati, Santorre di Santarosa, trasformandosi quasi in una succursale del Parlamento. Anche Nietzsche, che abitava a pochi passi, fu tra i clienti più assidui.
Prima di aprire le udienze Carlo Alberto aveva l’abitudine di chiedere “Cosa si dice al Fiorio?” per sapere quali fossero gli umori della classe politica e intellettuale. Si racconta che tra quelle mura si ordì anche un complotto ai suoi danni. Pare che l’attentatore fosse l’inserviente dello speziale di corte, che dietro la promessa di un lauto compenso doveva mescolare veleno nella medicina del re. L’uomo, dopo alcuni tentennamenti, rifiutò la cospirazione.
Al Caffè Fiorio si commentavano i maggiori fatti politici dell’epoca, si scommetteva al gioco del Gobbo e si discutevano animatamente le necessità della nazione nascente.
Il 9 marzo del 1841 nasceva al Fiorio, su proposta di Cavour, la società del Whist: il suo ruolo di ritrovo per gli intellettuali cittadini è attestato da un cronista dell’epoca, Valere, che nel 1840 scrisse che lì si potevano trovare “giornali italiani, stranieri, politici, scientifici, letterari, le principali riviste e le diciassette gazzette che si stampavano a Torino”.
Alla sua apertura il locale comprendeva le prime tre sale comunicanti, nel 1845 vi fu il primo restauro: furono introdotte le sedie di velluto rosso e le tappezzerie alle pareti, entrambe presenti ancora oggi. Il locale fu decorato con affreschi e sculture di celebri artisti come Francesco Gonin e Giuseppe Bogliani. Il caffè Fiorio si ampliò nel 1850 aggiungendo alla grande sala longitudinale che comunica con il piano superiore, anch’esso costituito da tre salette comunicanti adibite a ristorante: da allora il locale non ha più subito alterazioni significative.
Le sue specialità sono legate alla tradizione dolciaria piemontese, in particolare cioccolata calda e zabaione. Nel 1922 fu inaugurata la moderna gelateria che fu tra le prime a offrire il gelato nel cono da passeggio.