Il fascino e i racconti dei caffè storici/1

di Antonella Gilpi

Girovagare per i Caffè Storici di Torino sembra di fare un salto nel tempo fino all’epoca del regno sabaudo, quando per le strade circolavano carrozze e cavalli, dove tutto sembrava scorrere lento nonostante i grandi cambiamenti storici che stavano avvenendo. In varie puntate, vi proporremo un viaggio nei caffè più caratteristici e ricci di storia della nostra città.

Con la mente si può pensare di incontrare i vip, i personaggi celebri dell’ottocento e del novecento: attori, scrittori, politici, statisti. Era infatti in questi eleganti locali che si trovavano, locali che erano stati di giacobini e nuovi democratici, liberali e moderati, esuli politici, uomini che discutevano, facevano progetti, cospiravano; dove circolavano fermenti risorgimentali disputando per decidere le sorti della Casa Reale e del nascente Regno d’Italia.

Nel 1839 se ne contavano novantotto in una Torino con 120mila abitanti.

Pare che però tra i primi caffè in città all’inizio del ‘700 si trovi un bar nei pressi di Porta Palazzo, dove il principe Anhalt andò a bere dopo la battaglia di Torino del 1706, quella dell’assedio del sacrificio legato a Pietro Micca.

Un altro conosciuto era nei pressi della chiesa di San Dalmazzo nel palazzo dei Marchesi Biandrate di San Giorgio e sembrerebbe il primo ad avere un nome proprio, di proprietà di un certo Forneris dal 1714.

Il viaggio comincia dal “salotto buono” di Torino, piazza San Carlo dove troviamo il “San Carlo”.

Gramsci e“L’Ordine Nuovo”…

Il “San Carlo”, emblema sin dal 1822, è stato inaugurato ufficialmente nel 1842 e le sale che lo compongono devono la loro bellezza a numerosi lavori di ristrutturazione. Nel 1837 lavori di decorazione vennero progettati dall’architetto Leoni, con il permesso del Consiglio degli Edili; successivamente nel biennio 1839-1840, la ristrutturazione proseguì con le pitture dorate del salone centrale affidate al pittore Rodolfo Morgari e al Borra.

L’opera venne portata a termine nel 1851 con “il gabinetto cinese”, la sala più piccola, ricca di decori, specchi e statue di Piero Spintz e Giacomo Beltrami, e resa spettacolare dal lampadario di cristallo a goccia realizzato artigianalmente in vetro di Murano.

Inizialmente chiamato Caffè Piazza d’Armi dal nome originario della piazza sulla quale si affacciava, poi Caffè Vassallo dal nome del suo proprietario, entrò nella storia con il nome di Caffè San Carlo, preso in prestito all’omonima piazza.

Fin dalla sua apertura, si distinse dagli altri caffè sabaudi per il suo spirito moderno: fu il primo locale in Europa a dotarsi di illuminazione a gas, con l’intento di valorizzare gli interni.

Non solo: il Caffè San Carlo fu anche ritrovo di intellettuali anticonformisti e , a causa dell’attività sovversiva dei suoi frequentatori, venne più volte chiuso negli anni.

La sua fama lo rese quindi luogo ideale per le soste di intellettuali, docenti universitari, scrittori, giornalisti e artisti in genere che qui si riunivano per discutere le loro idee, mettere a punto i progetti più ardimentosi o, semplicemente, per rilassarsi.

localistorici-3Proprio qui, infatti, venne progettata la storica missione in Antartide con la Stella Polare, ideata dal Duca degli Abruzzi insieme all’ammiraglio Cagni; Crispi vi comprese la necessità di intervenire in Africa; il giovane Gramsci, pare, ebbe qui l’idea di fondare “L’Ordine Nuovo”.

Tra i suoi clienti più famosi ci fu Alexandre Dumas, che gustò al Caffè San Carlo il suo primo “bicerin”; Giolitti vi faceva tappa ogni volta che, giunto da Roma, attendeva il treno per Mondovì; Benedetto Croce; Edmondo De Amicis, Sergio Salmi, Lorenzo Gigli, Mario Gromo e Felice Casorati si davano appuntamento nelle sue sale. Luigi Einaudi vi sostava dopo aver acquistato libri antichi dal vicino libraio Bourlot.  Arturo Graf e gli “scapigliati” Pastonchi e Cagna sostituirono, poi, gli “scalmanati della politica”.

Anche i “sei di Torino” – Enrico Paolucci, Carlo Levi, Jessie Boswell, Gigi Chessa, Francesco Mencio e Nicola Galante, i pittori che segnarono profondamente la vita artistica italiana degli anni Trenta e Quaranta de secolo scorso, sedettero ai tavolini del San Carlo.

La gloriosa storia del Caffè San Carlo, conobbe una sola battuta d’arresto, tra il 1953 e il 1963. I bombardamenti su Torino, durante la Seconda Guerra Mondiale, danneggiarono gravemente gli affreschi del soffitto nella sala principale. Il restauro, durato appunto un decennio, permise di sostituirli con pitture a tempera e di mantenere le originali decorazioni pittoriche dei pannelli laterali, con i capitelli dorati delle lesene.

Oltre ai deliziosi prodotti di caffetteria, oggi è rinomato per gustosi pranzi e cene.

 … e Brigitte Bardot

Il Caffè Torino fu aperto nel 1903 dal suo estroso fondatore che, con grande coraggio e intraprendenza, volle entrare in competizione con gli altri caffè storici che si affacciano sulla superba piazza San Carlo. E ne fece subito un salotto.

I marmi pregiati, i medaglioni dipinti, il lungo bancone di legno e marmo finemente sbalzato, la sontuosa e armoniosa scala, le dorate specchiere: tutto fu concepito all’insegna del gusto dell’epoca: la Belle Époque, che non ha tempo e non conosce l’oblio. Storia, cultura e mondanità hanno trovato nel Caffè Torino la cornice ideale per esprimersi al meglio. Illustri i frequentatori: da Pavese a Einaudi a De Gasperi. Ma anche i miti dei scintillanti Anni ‘50 amavano fare sosta qui: James Stewart, la conturbante Ava Gadner ai tempi del suo amore con Walter Chiari, la splendida Brigitte Bardot. E ancora l’indimenticabile Erminio Macario.

Salvo per miracolo dalle incursioni inglesi del novembre ’42, il Caffè Torino conobbe proprio in quegli anni ’50 una nuova stagione “glamour”, dopo il grigiore dilagante della Guerra.

Precorrendo di cinquant’anni un rito che sta tornando di moda, in quel periodo si poteva fruire del dehor anche in inverno, grazie al riscaldamento a raggi infrarossi.

Fermarsi a contemplare le vetrine del caffè Torino è una piacevole abitudine per i torinesi e una sorprendente sosta per i turisti. Esattamente come un secolo fa, fanno mostra di sé bonbon, gianduiotti su vassoi d’argento, specialità sopraffine confezionate dalle abili mani dei maestri confettieri e pasticceri. E poi … l’apoteosi a Natale e Pasqua, quando i dolci tipici diventano autentiche opere d’arte e finiscono addirittura sulle pagine di “Life”.

Oggi il Caffè Torino ha superato i cent’anni e li porta bene con i suoi arredi originali; nel frattempo si è arricchito di un elegante ristorante in quest’atmosfera unica che non finisce mai di stupire.

Davanti alla porta d’ingresso, poi, c’è, a terra, il Toro di ottone, un talismano torinese che porterebbe fortuna pestandolo in un posto delicato.