Questa mattina, nella Sala Colonne di Palazzo Civico, sono stati presentati i risultati della ricerca Empower Housing, un progetto finanziato dalla CEB (Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa), e coordinato dall’Associazione Microlab, mirato a contrastare l’esclusione abitativa delle persone migranti.
La ricerca si propone di analizzare il funzionamento del sistema di accoglienza e dell’accesso alla casa per le persone straniere nell’area metropolitana di Torino, e in particolare nei territori dei Comuni di Torino e di Settimo Torinese.
Tra gli obiettivi principali dell’indagine ci sono l’individuazione delle principali criticità, la proposta di raccomandazioni agli attori e stakeholder coinvolti, e lo sviluppo di proposte di progetti pilota capaci di sperimentare modalità innovative per la gestione delle problematiche emergenti.
“L’accesso alla casa è un tassello fondamentale del percorso di inclusione sociale delle persone migranti, sia per i rifugiati che escono da progetti di accoglienza, sia per altre categorie di persone straniere che vivono e lavorano nella nostra città – ha affermato Jacopo Rosatelli, assessore alle Politiche sociali, Diritti e Pari opportunità della Città di Torino -. Un diritto che è spesso ostacolato da barriere di natura culturale ed economica, per superare le quali tutte le Istituzioni sono chiamate ad agire. Il progetto Empower Housing rappresenta un’importante occasione per focalizzare le problematiche e individuare le possibili aree di miglioramento.
Il progetto, avviato nel luglio 2024, conclude oggi la sua prima fase, con la disseminazione dei risultati della ricerca, e andrà avanti fino ad aprile 2025.
La ricerca, partendo in particolare dall’osservazione della gestione dell’emergenza ucraina e dall’analisi dei percorsi di uscita dall’accoglienza e di ricerca di alloggio per le persone straniere sul territorio, ha evidenziato come queste popolazioni, già vulnerabili a causa dell’esperienza migratoria, e ulteriormente penalizzate da una precarietà amministrativa che condiziona l’accesso a servizi, prestazioni sociali e diritti, si ritrovino a far parte di una crescente fascia di abitanti in condizione di disagio abitativo.
Quando questa situazione non viene affrontata, è probabile assistere ad un progressivo scivolamento verso l’emergenza abitativa, elemento al quale oggi è dedicata una quota rilevante del budget dei servizi pubblici.
Il lavoro dei ricercatori e i risultati che ne emergono sono da considerare come un primo step del progetto Empower Housing, il cui obiettivo finale è l’attivazione degli attori locali, pubblici e privati, attraverso un tavolo di lavoro predisposto per prendere in esame esiti e proposte progettuali.
La ricerca è stata condotta dal consorzio formato da NTTData e GFA, attraverso la collaborazione di Silvia Cafora, architetta, ricercatrice e docente presso il Politecnico di Torino, e Filippo Furri, antropologo e fellow dell’Institut Convergences Migrations di Parigi.
Alcuni dati su Torino
Gli stranieri residenti a Torino nel 2023 sono 135.753, in lieve aumento rispetto al 2022 (+1,2%) e rappresentano il 16% dei residenti totali.
La comunità maggiormente rappresentata è quella romena con 45.194 persone, pari al 33% del totale degli stranieri che risiedono in città, a cui segue quella marocchina con 15.123 persone, pari all’ 11% del totale (Fonte: Divisione Servizi Civici della Città di Torino).
I dati Istat dicono che nel contesto nazionale il 70% circa dei residenti in Italia risulta proprietario di casa, mentre gli affittuari sono il 20% circa. Una percentuale quest’ultima che, nel caso di famiglie con background migratorio, sale al 68,5%. Oltre a questo dato c’è il fatto che il 48,1% delle famiglie di stranieri vive in una condizione di sovraffollamento, evidenziando la relazione tra disagio abitativo e background migratorio.
Anche a Torino prevale la proprietà privata dell’abitazione, pari al 59%, mentre la popolazione che vive in affitto è pari al 30%.
Altri dati interessanti per comporre il quadro su Torino sono stati forniti dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio O.M.I.
A Torino, nonostante la contrazione demografica ed economica che dovrebbe contenere i costi immobiliari, si osserva un aumento medio complessivo degli affitti del 3,66% dal 2022 al 2023, in perfetta tendenza con la situazione delle altre grandi città italiane.
Anche il dato relativo agli sfratti in città è significativo, con 1380 procedure registrate nel 2023, di cui l’88% per morosità e il 90% riguardanti cittadini migranti.
Infine vanno considerate le domande per l’accesso alla casa popolare e quelle per l’emergenza abitativa. L’ultimo bando generale per l’assegnazione di unità abitative del 2023 ne ha fatte registrare 7.368. Nello stesso anno sono stati 346 gli alloggi assegnati, di cui il 41% da bando, il 21% a titolo di emergenza abitativa, il 31% su segnalazione dei Servizi Socio-Assistenziali ed il 7% a titolo di assegnazione provvisoria. Sempre nel 2023 il 45% delle assegnazioni è stato disposto a favore di cittadini extracomunitari.
Le domande per emergenza abitativa nello stesso anno sono state 770, in diminuzione rispetto all’anno precedente in cui sono state 851.
Conclusioni
Torino è riconosciuta a livello internazionale come una “best practice” per il suo sistema di progetti a supporto delle criticità abitative a breve, medio e lungo periodo (Tulumello, 2023), ed esiste già un sistema misto costituito da una rete di enti pubblici e privati che opera su quattro linee strategiche principali: edilizia residenziale pubblica; assistenza finanziaria alle famiglie in difficoltà; housing sociale, che mette a disposizione alloggi forniti attraverso partenariati pubblico-privati; sostegno alla locazione privata, come il servizio Lo.C.A.Re. che mette in rete e supporta inquilini e proprietari per consentire affitti calmierati e concordati.
Tuttavia la ricerca evidenzia che il sistema non sempre riesce a prevenire l’emergenza abitativa e a fare i conti con una fascia di popolazione in emergenza che va potenzialmente allargandosi, a cui si aggiungono altri fattori come quello di un mercato della locazione deregolamentato e in continuo aumento, le difficoltà di accesso alla locazione legate a fenomeni culturali (razzismo, paura di non percepire il canone, ecc.) ed economici (mancanza di fondi per ristrutturare gli alloggi in disuso), un’offerta pubblica costante, o ancora il fenomeno degli alloggi sfitti.
A questo vanno poi aggiunte variabili e difficoltà legate alla precarietà lavorativa e ad altri elementi di fragilità, sia generali come quella finanziaria, linguistica e sociale, sia più specifiche e personali come le condizioni fisiche, l’età e le condizioni familiari, che rendono il quadro molto vario e complesso, il cui miglioramento può avvenire più facilmente attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interessati, operanti a diversi livelli, e la creazione di una rete di collaborazioni sinergiche.
Tra le raccomandazioni emerse dallo studio ci sono: la necessità di maggiori investimenti su politiche di integrazione utili a prevenire l’emergenza e non renderla strutturale, e su una maggior offerta di servizi, dalla disponibilità di alloggi, pubblici e privati, al monitoraggio delle situazioni di disagio e di accompagnamento; la necessità di una riduzione dei tempi di permanenza nella fase di gestione dell’emergenza temporanea, e lo sviluppo di strutture ibride d’uso variabile e convertibile, per evitare l’isolamento e agevolare la socializzazione e l’integrazione; una migliore gestione delle vulnerabilità di lungo corso o permanenti, da attuare attraverso processi di valutazione e monitoraggio delle fragilità e dei margini di autonomizzazione, e con la strutturazione di adeguati percorsi per favorirla, oltre che investendo su strutture ricettive adatte all’inclusione di persone e famiglie straniere.