Prima la deposizione al cimitero Monumentale di una corona per le vittime dei lager nazisti, poi una cerimonia in Sala Rossa.
Così la Città, nel Giorno della Memoria della Deportazione e dell’Internamento Militare, ha ricordato insieme alla liberazione del campo di sterminio di Mauthausen, gli internati militari, i deportati e tutti i perseguitati dal regime nazifascista.
“Un omaggio a milioni di vittime che ha il compito di mantenere vivo il ricordo degli orrori perpetrati così per fare in modo che la verità non venga sottaciuta e la storia possa essere riscritta”, è stato sottolineato introducendo la cerimonia a Palazzo civico.
Pericolosi segnali si accompagnano oggi ai tentativi di rimozione di un passato di atrocità e carnefici quando pare che gli unici sentimenti per il prossimo e chi se ne cura siano, nel silenzio dei più, l’insofferenza e l’odio.
È proprio l’indifferenza, che non si manifesta con fatti eclatanti ma è frutto dell’indolenza della maggioranza a corrodere le democrazie, un sentimento che alimenta l’egoismo, alla base dei totalitarismi, e fucina delle guerre.
Lo hanno ricordato negli interventi che si sono succeduti in Sala Rossa i diversi relatori, tra i quali le presidenti dell’Associazione nazionale ex deportati, Susanna Maruffi, e dell’ Associazione nazionale ex internati, Alessandra Fioretti, uniti in un “grande appello alle coscienze di ciascuno e all’impegno delle istituzioni affinché non ci tocchi rivivere passati che ci siamo augurati non si debbano mai più ripetere”.
Un dovere di ricordare cosa, come e perché è successo che diventa sempre più difficile per via della scomparsa dei testimoni diretti e “in un periodo in cui il malessere sociale attraversa tutti i Paesi cavalcato da fascismo e nazismo che, anche attraverso nuove forme e mezzi di comunicazione, cercano di mettersi alla testa di milioni di persone arrabbiate”.
E così ritornano anche ad affacciarsi alla mente vecchie e nuove domande per cercare di comprendere come un intero popolo abbia potuto compiere crimini così assoluti e ne sia diventato complice: “Come è stata possibile una simile anestesia del cuore sapendo dello sterminio di esseri umani?.
“La cultura serve, ma insieme serve la benevolenza. Serve il semplice principio di non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te – è stato ricordato in Sala Rossa – Ma ciò su cui è importante interrogarsi é se la decisione di liberarsi di esseri considerati inutili che di volta in volta possono essere identificati in soggetti diversi laddove si scorgano considerazioni stringenti di razionalità sociale abbia ancora un’eco oggi, se quello sia un tratto intrinseco alla modernità”.
Mauthausen fu il luogo dove vigeva il principio dello sterminio attraverso il lavoro, dove si compì l’estremo oltraggio di trasformare l’essere umano in un ingranaggio produttivo.
Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va affrontato con le idee. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Anche un secolo fa lo pensavano in tanti, ma non è andata così.