Questa mattina la sala del cinema Massimo ha ospitato la seduta plenaria che ha inaugurato il Social Festival Comunità Educative ‘Corpi in movimento, menti in evoluzione’, la tre giorni di lezioni, dibattiti, workshop, atelier diffusi a Torino, Grugliasco, Nichelino, Rivoli, e Settimo Torinese dedicati ai mondi della scuola e dell’educare. Una manifestazione nazionale di ampio respiro che conta 185 relatori, oltre 2.500 iscritti tra operatori sociali, insegnanti, pedagogisti e genitori, oltre 700 studenti coinvolti, 2 plenarie, 17 workshop, 10 atelier, 9 conversazioni, 2 dialoghi sulle politiche educative, 2 proiezioni di film, 1 serata di ‘pizzica’.
Al centro delle riflessioni i percorsi di crescita di giovani e giovanissimi in un’epoca complicata e la responsabilità degli adulti che li accompagnano. In particolare sono tre le domande a cui tenteranno di dare una risposta i professionisti di diverse discipline: come promuovere una migliore gestione delle emozioni e la rottura dello schema dell’aula, come rendere le ore di lezione momenti capaci di innescare la partecipazione e il coinvolgimento dei bambini e dei ragazzi e come rimodulare gli spazi didattici ed educativi.
La seduta si è aperta con i saluti istituzionali. Erano presenti Carlotta Salerno, assessora comunale alle Politiche educative, Caterina Greco, consigliera delegata all’Istruzione della Città Metropolitana, Lorenza Patriarca, presidente V Commissione comunale Istruzione, Stefano Suraniti, direttore dell’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte e di Francesco d’Angella, direzione della rivista Animazione Sociale.
Nel suo intervento Salerno ha voluto spiegare come si è arrivati al nome della manifestazione “Abbiamo scelto un nome così complesso perché abbiamo pensato a un momento di comunità sociale, di confronto diretto dopo la pandemia, c’era il bisogno di ricelebrare la comunità educativa, non solo quella torinese. Festival perché è anche un momento di festa, di celebrazione dell’educazione, della pedagogia e delle comunità educative, anziché educanti perché nessuno educa nessuno, ci educhiamo
reciprocamente in uno scambio continuo e costante”. “Il titolo di questa edizione – ha continuato l’assessora – parte dal concetto che siamo un tutt’uno testa, corpo e cuore e il percorso educativo e formativo passa da questa complessità. Dobbiamo interrogarci sul movimento, sulla fisicità, sulla percezione di sé che cambia nel tempo e che può diventare anche negli anni difficile e, a volte, drammatica come per i nostri adolescenti e che si esprime con disturbi alimentari, con la fatica dell’accettazione, con i problemi legati all’immagine alla prestazione, al dover essere tutti perfetti”.
Sul palco si sono alternate figure importanti del mondo accademico e artistico che si sono confrontati, davanti a un pubblico numeroso, sul tema della mattinata: ‘come fare degli anni della scuola una grande avventura educativa’. Ugo Morelli, psicologo dell’Università Federico II di Napoli ha spiegato che si va a scuola con la mente e con corpo “È il sistema motorio del nostro cervello che consente di conoscere il mondo”, mentre la collega Silvia Luraschi, pedagogista di Milano-Bicocca, nel suo intervento ha sottolineato che “Cresciamo con l’idea che la sede dell’apprendimento sia la mente e non ci accorgiamo che siamo corpi pensanti e menti incorporate. Assumere questo sguardo cambia le pratiche di apprendimento e di formazione”.
La meraviglia e lo stupore è stato il tema dell’artista Antonio Catalano, attore, scrittore, poeta. Si occupa della pedagogia della meraviglia per ripensare i processi di apprendimento. A lui è stato affidato il compito di creare il manifesto del Social Festival: “In questo scarabocchio ho disegnato un corpo che si sbrindella e il cuore va altrove, verso di noi con un colpo di vento. La condizione per rimettere il cuore al suo posto è un altro colpo di vento”. E poi parlando dell’apprendimento dei bambini ha messo in evidenza come “sia la mano a collegare il cuore, prima del cervello, e questo collegamento è una zona irrazionale, un luogo misterioso dei bambi, che solo loro conoscono”.
Secondo Ivana Paganotto, esperta di processi di apprendimento “Capire o essere capiti è altamente e-motivante: chi non impara a ‘capire’ è più esposto a esclusione ed emarginazione sociale e/o a disinformazione e manipolazione propagandistica politica e commerciale. Gli insegnanti e gli educatori non possono permettersi il lusso di dividere in parti i propri studenti, ma devono affrontare contemporaneamente livelli di analisi comportamentali, fisiologici, cognitivi per capire la situazione”.