di Elena Cebrelli in collaborazione con la redazione di Torinoclick
File di omini rossi e blu che si muovono in sincrono, palline di plastica velocissime che rimbalzano sulle pareti dei tavoli per finire nelle piccole porte, manopole manovrate con agilità e prontezza: Torino Capitale Europea dello Sport, con la Coppa del Mondo di Calciobalilla ospitata al Palaruffini di Viale Burdin 10, da oggi e sino al 12 aprile 2015 (ingresso gratuito), offrirà agli appassionati e ai nostalgici l’occasione unica di assistere allo stato dell’arte di questa disciplina ricca di agonismo, storia e tradizione, ammirando campioni provenienti da oltre 30 nazioni, suddivisi nelle categorie Uomini divisione 1 e divisione 2, Donne, Junior, Senior e Atleti Disabili.
Quanti ricordi evoca nella maggior parte di noi quel tavolo che riproduce in piccolo il campo di uno degli sport più praticati al mondo? Il calciobalilla – re di oratori, circoli e sale giochi – è un campo da calcio in miniatura dotato di aste uscenti o telescopiche, nel quale la pallina si muove con estrema rapidità fra gli omini rossi e blu, rigorosamente schierati con il modulo 1-2-5-3: il portiere posizionato a difesa di una porta che sembra angusta o enorme a seconda della prospettiva; i due difensori da cui ogni tanto scaturiscono imprendibili goal a sorpresa; la linea dei cinque centrocampisti che fanno da filtro; i tre attaccanti con i quali si cerca di “bucare” il portiere avversario.
La nascita del calciobalilla – così come l’origine dei suoi molteplici nomi, dagli italiani calciobalilla e biliardino, all’inglese table soccer, l’americano foosball, il tedesco kicker – ha una storia controversa, che fa comparire questo gioco in diverse nazioni durante la prima metà del secolo scorso.
In Germania, Broto Wachter negli Anni Venti del Novecento inventa il primo prototipo di calciobalilla, con il quale giocare nei club dove tradizionalmente i tifosi si trovavano per festeggiare le vittorie o discutere le sconfitte delle squadre di calcio locali.
In Spagna, è il galiziano Alejandro Finisterre, ferito nel 1936 durante la Guerra Civile Spagnola, che – prendendo spunto dal tennis da tavolo – traspone il gioco del calcio nel classico tavolo con omini, con l’obiettivo di permettere ai bambini feriti e mutilati di continuare a giocare a una sorta di succedaneo del loro sport preferito. L’invenzione viene brevettata a Barcellona nel 1937, ma Finisterre ne perde i relativi documenti durante la sua fuga dalla Spagna franchista verso la Francia.
In Italia, al termine della Seconda Guerra Mondiale, il calciobalilla viene utilizzato per la riabilitazione motoria dei reduci di guerra: questa è forse l’origine del suo nome italiano più riconosciuto. La sua diffusione massiccia sul nostro territorio avviene però qualche anno più tardi grazie all’imprenditore francese Marcel Zosso, che decide di esportare il suo prodotto in Italia trasferendosi ad Alessandria e iniziando così la grande tradizione dello sportfoot alessandrino. La nostra regione vanta inoltre la sede, a Feletto Canavese in provincia di Torino, della FICB (Federazione Italiana Calcio Balilla).
Ad oggi il calciobalilla è diffuso in tutto il mondo: l’ITSF (International Table Soccer Federation, Federazione Internazionale di Calciobalilla) utilizza nelle diverse competizioni internazionali i principali modelli omologati; mentre esistono diverse scuole, federazioni e associazioni nazionali. Le varianti di gioco e le regole possono variare da nazione a nazione: ad esempio alcune delle mosse che in Italia sono “storicamente” vietate, come i ganci – i passaggi da un omino all’altro della stessa fila – sono consentite nelle competizioni internazionali. L’unica regola che mette d’accordo tutte le nazioni e che ci riporta direttamente alle sfide all’ultimo goal negli oratori, nei circoli e nelle sale giochi, è il divieto di far ruotare le aste per più di 360°: la cosiddetta “rullata” non è consentita in nessuna competizione.