Dall’introduzione del salario minimo alla lotta al precariato, dagli incentivi per le assunzioni al taglio del cuneo fiscale fino agli interventi sullo smart working: di lavoro si parla parecchio prima delle elezioni, poi tra una legislatura è l’altra il tema sembra finire nel dimenticatoio. Il più delle volte a riportarlo alla ribalta della cronaca sono purtroppo le morti, lo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori – in nero, malpagati o a volte addirittura non pagati, la disparità salariale, con le donne – che quando un lavoro che non sia precario e povero riescono ad averlo – hanno poche possibilità di fare carriera e sono spesso soggette anche a forme di denigrazione delle loro competenze o di molestie sul posto di lavoro. Questioni ancora irrisolte in un mondo globalizzato e diverso rispetto a quello del 1970 quando fu approvato lo ‘Statuto dei Lavoratori’, ma come allora sofferente.
Due anni fa, nel 2020, nel cinquantenario di quella legge che rendeva realtà le 40 ore settimanali, salari adeguati e rinnovate relazioni industriali, a tenere alta l’attenzione su queste tematiche e i diritti dei lavoratori, nasceva a Torino il Job Film Days, festival cinematografico internazionale che racconta il mondo del lavoro sotto molteplici angolazioni e mostra come l’esistenza di ognuno di noi ne sia sempre condizionata. La terza edizione della rassegna è iniziata nei giorni scorsi (e il cui programma è online su https://www.jobfilmdays.org/): ne abbiamo approfittato per rivolgere qualche domanda ad Annalisa Lantermo, direttrice artistica del festival.
Il Job Film Days proseguirà fino al 2 ottobre, come sta andando questa terza edizione?
Molto bene! In particolare sono apprezzati gli eventi con i vari partner. C’è un numero elevato di persone coinvolto direttamente dalle associazioni e dagli enti che collaborano con noi. In parallelo l’importanza dei temi trattati e la ricca offerta di appuntamenti nel programma consentono la partecipazione di un pubblico diversificato.
Quali sono le novità di quest’anno, ad arricchire l’edizione c’è un interessante laboratorio di scrittura…
Quest’anno abbiamo organizzato un laboratorio di scrittura sulle tematiche del lavoro per stimolare giovani autori, registi e film maker alla realizzazione di soggetti e per raccontarci la loro visione sono arrivati circa 20 partecipanti da tutta Italia. Abbiamo creato un concorso per premiare i migliori elaborati, valutati da una giuria ad hoc composta da un produttore, un regista e dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Torino, ente che sostiene il festival e il premio in questione. Un progetto molto interessante perché i giovani hanno tante cose da dirci, bisogna dare loro la possibilità di comunicarle.
Oltre 60 film, 22 paesi rappresentati, quale spazio ha Torino nel festival?
La voce di Torino si fa sentire perché c’è un grande coinvolgimento di professionisti, università e associazioni che partecipano al festival attraverso un’ampia e diretta collaborazione, come ad esempio la parte sindacale torinese, una presenza davvero importante. Inoltre abbiamo invitato a portare il loro diretto contributo, nei dibattiti che si tengono dopo i film, numerosi esperti torinesi, perché siamo convinti che Torino è di grande ispirazione per il festival.
Ha qualche aneddoto curioso da raccontarci?
L’aspetto che vorrei sottolineare è l’intreccio tra lavoro e cinema che attraversa tutto il festival. Questa mattina, ad esempio, durante un incontro con la giuria per la valutazione dei film, i due mondi si sono incontrati e hanno discusso. È stato molto bello vedere rappresentanti di enti e associazioni, lavorare alla loro mission ma allo stesso tempo emozionarsi entrando nel merito dei film valutando sia la congruenza con la realtà sia l’aspetto artistico.
Eleonora Tirelli